Ha appena compiuto 80 anni Riccardo Muti, direttore d’orchestra cresciuto tra Molfetta (paese d’origine del padre) e Napoli (città d’origine della madre) e divenuto ben presto uno dei più grandi professionisti nel campo della musica. Questa sera, dal Palazzo del Quirinale, la sua Orchestra Giovanile intitolata a Luigi Cherubini eseguirà la Sinfonia n.9 in mi minore Dal nuovo mondo di Antonin Dvorak. L’evento cade quasi in concomitanza con il suo compleanno, che Muti ha festeggiato ieri a un giorno esatto dal concerto organizzato in occasione del G20 della Cultura. A proposito dei suoi 80 anni, un mese fa, Muti ha rilasciato una lunga intervista al Corriere in cui ha ripercorso le tappe fondamentali della sua vita dai ricordi del soggiorno in Puglia fino all’insofferenza per il recente lockdown. Spazio anche a un mini-testamento in cui il direttore ha dichiarato di non volere applausi ai suoi funerali, bensì – dice – “silenzio assoluto”.
Il testamento musicale di Riccardo Muti
“Ai miei funerali non voglio applausi”, si legge nella sua intervista ad Aldo Cazzullo. “Sono cresciuto in un mondo in cui ai funerali c’era un silenzio terrificante. Ognuno era chiuso nel suo vero o falso dolore. Per i più abbienti c’era la banda che eseguiva lo Stabat Mater di Rossini o marce funebri molfettesi, famose in Puglia. I primi applausi li ricordo ai funerali di Totò e della Magnani, ma erano riconoscimenti alla loro capacità di interpretare l’anima di Napoli, di Roma, della nazione. Quando sarà il mio turno, vorrei che ci fosse il silenzio assoluto”. Una regola che vale per tutti, eccetto per la musica: “Scherzosamente dico che lascerò l’indicazione di brani musicali da eseguire in chiesa attraverso incisioni, rigorosamente dirette da me”. Altrimenti, minaccia, “c’è la probabilità che si apra la bara”.
Riccardo Muti: “Smartphone? Non lo posseggo e non lo voglio”
Riccardo Muti ammette di sentirsi in qualche modo ‘fuori posto’ nel mondo moderno. Un mondo che, da un anno a questa parte, si è fatto ancora più inospitale con l’avvento del Covid-19. Il lockdown, per lui, è stato “orribile”: “La disumanizzazione si è fatta ancora più profonda. La mancanza di rapporti umani è terrificante. Entri al ristorante e vedi al tavolo cinque persone tutte chine sul loro smartphone… Io non lo posseggo e non lo voglio. Me ne hanno dovuto dare uno, per entrare in Giappone, ma non sono riuscito ad accenderlo”. Infine rivolge una critica alla tv, che “avrebbe dovuto approfittare del lockdown per fare trasmissioni educative”. C’è sempre tempo di recuperare stasera, con la messa in onda di due suoi concerti su Rai1 (il già citato Dvorak) e Rai5 (la Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore, op. 55 Eroica di Beethoven).