Nell’ultima settimana piena prima dell’inizio del semestre bianco il Governo ha concentrato la sua azione sul raggiungimento di un’intesa sulla riforma della giustizia, ritenuta fondamentale anche alla luce degli impegni presi dall’Italia nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Questo intenso lavoro di mediazione ha portato all’accantonamento di altri importanti dossier. Non solo quello relativo alla riforma degli ammortizzatori sociali, cruciale in vista del pieno sblocco dei licenziamenti al termine del ricorso alla Cig per le aziende in crisi, ma anche quelli inerenti la riforma fiscale e il ddl concorrenza, considerati anch’essi importanti in chiave Pnrr.
Secondo Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie per quanto riguarda la riforma della giustizia «il rischio è di farla, ma male. A mio avviso, e lo dico da figlio e nipote di magistrati, il punto fondamentale che manca, e che difficilmente potrà essere inserito, è la cancellazione dell’avanzamento automatico delle carriere dei magistrati. Il fatto invece che si vada verso uno slittamento della riforma fiscale mi sembra positivo».
Perché?
Perché una riforma fiscale fatta da un Governo di unità nazionale sarebbe frutto di un accordo tra i partiti. Io credo che tutto questo abbia poco senso visto che nel centrodestra prevale, con tesi diverse, la flat tax, mentre nel centrosinistra l’imposta progressiva. Aiuterebbe molto anche la detassazione di alcuni contratti di lavoro, ma anche in questo caso non c’è veduta comune nella maggioranza. Anche per questo credo che la riforma fiscale dovrebbe essere fatta da chi vincerà le elezioni.
Le elezioni sono però nel 2023. Nel frattempo che cosa facciamo?
La maggioranza può trovare un’intesa per adottare un regime tributario benevolo transitorio, giustificato dal fatto che gli effetti del Covid sull’economia continuano a farsi sentire. Si possono rottamare ancora le cartelle fiscali e si può anche reintrodurre la cedolare secca per gli immobili commerciali, estendendola agli uffici. Un altro provvedimento utile, dato che gli immobili sono già tassati tramite Imu o Tasi, sarebbe la cancellazione o l’abbassamento dell’imposta di registro.
Un rinvio così lungo non creerebbe dei problemi all’Italia visto che nel cronoprogramma del Pnrr la riforma fiscale è stata indicata tra le prime da realizzare?
Una riforma fiscale si realizza in 3-4 tempi. Prima occorre approvare la legge delega, poi vanno discussi i decreti delegati, che richiedono successivamente dei decreti attuativi. Infine, occorrono le circolari ministeriali, così da spazzare dubbi interpretativi. Tutte queste fasi richiedono tempo. Se ci fosse un cambio di Governo durante tutto questo iter è chiaro che ci sarebbe la tentazione di stravolgere tutto e ricominciare daccapo. Per questo considero una perdita di tempo l’avvio di tutto questo percorso in un momento in cui la maggioranza ha visioni così eterogenee sulla materia.
E cosa pensa riguardo il rinvio del ddl concorrenza?
L’Italia è già in ritardo su questo fronte, non solo perché l’ultima legge annuale risale al 2017, ma anche perché il tanto sbandierato decreto Bersani non ha introdotto quelle innovazioni necessarie a un sistema che di fatto è bloccato da diverso tempo e necessita invece di una modernizzazione rispetto ai nuovi problemi, come quelli legati, per esempio, ai mercati globali. L’Ue purtroppo non ci aiuta molto perché, nonostante le apparenze, non è una vera economia di mercato. Dunque abbiamo una strada ancora molto lunga davanti e mi auguro che si possa approvare presto il ddl concorrenza per iniziare il percorso.
Sta per cominciare il semestre bianco. Secondo lei come saranno politicamente i prossimi sei mesi?
Il Governo di unità nazionale purtroppo sta scricchiolando a causa delle difficoltà dei partiti che lo sostengono. Quello di maggioranza relativa si sta sbriciolando, a sinistra c’è poca compattezza, mentre il centrodestra è in parte al Governo, in parte all’opposizione. La presenza di alcuni suoi esponenti in piazza contro il green pass crea problemi alla Lega, Forza Italia ha le sue grane e Fratelli d’Italia è di fatto un mix tra ex missini e conservatori. Non ho la sfera di cristallo, ma prevedo un periodo di turbolenza come quello che stiamo vedendo in queste settimane. C’è però un elemento importante che condizionerà il semestre bianco: l’inizio delle manovre per l’elezione del nuovo capo dello Stato, dove si potrebbero anche creare alleanze trasversali rispetto agli attuali schieramenti.
Secondo lei come finirà quella votazione?
Credo che nonostante le apparenze, Mattarella non disprezzerebbe affatto una rielezione, che potrebbe essere comoda per molti. Ritengo, come ho già detto in passato, che Draghi non abbia interesse per quell’incarico, mentre a sinistra ci sono tanti nomi, come quelli di Franceschini, Amato e Prodi, e a destra si parla di Berlusconi. Terrei comunque d’occhio due donne, anche perché si potrebbe arrivare all’idea di eleggere il primo Capo dello Stato donna: Cartabia e Casellati. Possono sembrare outsider, ma alla fine in caso di stallo una delle due potrebbe avere la meglio.
(Lorenzo Torrisi)
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