Il dato è di quelli che fanno riflettere: con un giro d’affari di 538 miliardi di euro il cibo è diventato la prima ricchezza dell’Italia arrivando a pesare per il 25% sul nostro Pil. A renderlo noto è stato il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini durante il suo intervento al Pre-Summit delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari, andato in scena a Roma dal 26 al 28 luglio con l’obiettivo di mettere a sistema le circa 2.000 proposte arrivate da ogni parte del mondo da presentare a settembre a New York durante il vero proprio Food Systems Summit.
Dal palcoscenico internazionale dell’Onu, Prandini ha sottolineato come la nostra filiera agroalimentare occupi oggi ben 4 milioni di lavoratori, impegnati in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti di vendita al dettaglio. Un vero e proprio esercito, insomma, che deve però misurarsi con sfide importanti. L’Italia – spiega Coldiretti – può contare sul maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (314), su 526 vini Dop/Igp e 5.266 prodotti alimentari tradizionali custoditi lungo tutta la Penisola da generazioni dagli agricoltori. Questo patrimonio è tuttavia minacciato – avverte ancora Coldiretti – dalle imitazioni internazionali che non hanno alcun legame con il sistema agricolo nazionale.
Un sistema che deve quindi essere tutelato attraverso precisi e concreti provvedimenti. “Servono – ha detto Prandini al Pre-Summit – sistemi di etichettatura trasparenti sull’origine delle materie prime e non ingannevoli. Nello stesso tempo, non possiamo pensare a un modello dove vi sia spazio per l’artificio e i cibi sintetici, dove si assista alla concentrazione eccessiva dei fattori produttivi, dove prevalga l’interesse particolare delle grandi multinazionali che spingono per l’omologazione su un modello dove il cibo è sempre una commodity”.
Un’analisi che ha trovato rispondenza anche nell’intervento, tenuto sempre durante il Pre-Summit Onu, dal ministro delle Politiche agricole e alimentari Stefano Patuanelli: “La vera risposta per contrastare il cibo provatamente malsano – ha detto -, quello che viene definito cibo spazzatura – industrializzato, manipolato e standardizzato – è il ritorno alle tradizioni immerse nella modernità con prodotti a indicazioni geografiche, che esaltano il territorio, ecosostenibili e con la tendenza alla scelta della dieta mediterranea intesa come stile di vita”. Quanto poi alle etichettature, “è fondamentale – ha aggiunto il Ministro – che non ci si lasci tentare dalla semplificazione eccessiva del linguaggio. Un vizio che potrebbe portare all’appiattimento delle tipicità dei territori e all’omologazione e livellamento della cultura alimentare, probabilmente verso il basso”.
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