Se si scrivesse solamente un libro per raccontare la storia della vita dei sacerdoti a noi più contemporanei, le curie vescovili si trasformerebbero in mastodontiche biblioteche. Tuttavia scrivendone almeno qualcuno eviteremmo di perdere la memoria storica più vera e autentica dell’esperienza ecclesiale e potremmo additare ai più giovani esempi di testimonianza del Vangelo che altrimenti andrebbero dispersi.
Il volume Biagio Apa, uomo del Vangelo. Esperienze pastorali a Catania nella stagione del Concilio (Agl Edizioni 2021), curato da Nino Indelicato, per la parte testuale, e da Pippo Vitali per l’appendice fotografica è la biografia completa di un sacerdote che negli anni del Concilio fu protagonista di molte scelte e iniziative che segnarono, insieme ad altre, un’esperienza pastorale molto vivace di cui oggi rimane solo il ricordo e tra qualche anno, morti i protagonisti, neanche quello.
L’interesse del libro è espresso nel sottotitolo, “Esperienze pastorali a Catania nella stagione del Concilio”. Infatti in molte pagine la persona del sacerdote è letta e giudicata attraverso il fermento di vita che attraversò la diocesi etnea per oltre vent’anni, con il proliferare di gruppi, movimenti, associazioni cattoliche di vario tipo che consentirono ai giovani di allora di poter intraprendere esperienze diversificate, e sempre molto significative e coinvolgenti.
“Offriamo questo libro” spiega Nino Indelicato “come contributo per la memoria recente della Chiesa catanese, non solo perché se ne conservi il ricordo, ma anche nella speranza che vicende come questa ed altre possano ispirare i percorsi di formazione di nuovi sacerdoti, ma anche l’agire di tanti laici desiderosi di rendere ragione pubblica della fede che hanno incontrato”.
Padre Apa si avviava a svolgere il proprio ministero sacerdotale secondo una parabola ben tracciata, fino al 1971, quando decise di porre una svolta radicale alla sua esperienza: abbandonare la parrocchia di Cristo Re, una tra quella più ambite da sacerdoti e fedeli del tempo, e trasferirsi con alcuni amici al Villaggio Sant’Agata, un quartiere in grande espansione, privo di tantissimi servizi, a partire dalla Chiesa in muratura che non esisteva.
Dall’ampia ricostruzione si ricava l’immagine che oggi si direbbe, con papa Francesco, di una chiesa in uscita.
Erano anni in cui in tutta Italia si mettevano in atto esperienze ecclesiali di quel tipo. Alcune giunsero anche ad uno scontro diretto con le curie locali, come nel caso dell’Isolotto a Firenze. Ma tante altre nacquero e si protrassero anche grazie alla forte personalità di sacerdoti che abbandonarono un percorso di sacerdozio più tradizionale e si avventurarono su strade spesso difficili e comunque impegnative.
Nella stessa Catania, oltre a quella di p. Apa, in quegli stessi anni, si svilupparono altre tre o quattro esperienze analoghe, sia pure caratterizzate da stili e sensibilità diverse, che, non a caso, creavano anche delle occasioni di preghiera e riflessione comune.
La decisione di don Biagio non fu isolata. L’iniziativa era partita da due altri sacerdoti: don Pino Ruggeri, da poco rientrato in Sicilia per insegnare teologia allo Studio Teologico di Catania, e don Francesco Ventorino, da qualche tempo assistente della Fuci e animatore dell’esperienza di Gioventù studentesca, che da lì a poco avrebbe dato vita a quella di Comunione e liberazione. A questi tre impavidi si aggiunsero alcune famiglie che decisero di lasciare la città per trasferirsi al Villaggio e alcuni altri laici.
Fu un’esaltante esperienza che coinvolse un buon numero di abitanti del Villaggio e consentì per la prima volta di porre in quel luogo i germi di una presenza cristiana che fino a quel momento era praticamente inesistente.
La conclusione di questa esperienza, nel 1997, va ascritta da un lato al naturale esaurirsi della sua spinta iniziale, ma fu accelerata dal peggiorare delle condizioni di salute di p. Apa.
Nino Indelicato pone la domanda sul perché della conclusione dell’esperienza.
“La risposta sta forse nella sua genesi. L’iniziativa era nata da soggetti con sensibilità e personalità diverse. Cl, dopo i primi anni di rodaggio, aveva assunto una fisionomia, anche a livello nazionale, ben diversa, con una radicata presenza non solo nelle università, ma anche nella società civile e iniziava anche una presenza in politica attraverso la emergente personalità di Roberto Formigoni. Il Villaggio era solo il luogo di una esperienza caritativa, che per altro aveva preso forma anche in altri quartieri e situazioni”.
Le condizioni di salute di don Biagio accelerarono la conclusione dell’esperienza. Don Biagio concluse la sua vita da parroco in un pesino dell’Etna. Il suo funerale fu un avvenimento di popolo.
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