La mostra di 40 icone contemporanee della Santa Famiglia che si aprirà nel prossimo settembre a Milano, nella splendida cornice romanica della chiesa di San Celso, è il frutto di un lavoro di oltre due anni che ha accomunato una trentina di iconografi italiani provenienti da diverse aree ed esperienze artistiche.
Il tema della santità della famiglia, lo sguardo alla Santa Famiglia – alla tenerezza sponsale e verginale di Maria e Giuseppe nell’accogliere quel Bambino misterioso che aveva sconvolto le loro esistenze, ma soprattutto alla vertigine dell’Amore divino che si china sull’uomo e lo ammette nell’intimità della propria famiglia – è stato insistentemente proposto alla meditazione dei fedeli in questi ultimi anni dal magistero della Chiesa.
La lettera apostolica Patris Corde, dedicata alla figura di san Giuseppe, l’indizione dell’anno Famiglia Amoris Laetitia e la decisione di papa Francesco – resa pubblica qualche giorno fa – di rinnovare il formato della Giornata mondiale della famiglia che si terrà nel giugno 2022, in modo da renderla una festa, un’esperienza il più possibile capillare, sono stati preziosi contributi, accanto alla tradizione liturgica della Chiesa d’Oriente e d’Occidente, per approfondire anche dal punto di vista figurativo un tema che cattura sempre di più l’interesse di comunità ecclesiali, famiglie e singoli credenti.
Una riprova di questo interesse, dell’esigenza cioè di trovare forme figurative per rappresentare il mistero dell’amore su cui si fonda la famiglia, nucleo essenziale del consorzio umano, sono i tentativi “iconici” di rappresentare la Santa Famiglia diffusisi negli ultimi decenni e ormai divenuti abbastanza popolari. Va anche detto che questi tentativi non sempre hanno saputo valorizzare l’autentica tradizione; vale a dire, da un lato, la profondità teologica e la valenza simbolica che caratterizzano l’icona e, dall’altro, l’esperienza di un’intimità con il sacro vissuta nel quotidiano, che contraddistingue l’arte sacra occidentale. Per questo non è raro vedere icone (o, sarebbe meglio dire, parvenze di icone), che ignorano il valore simbolico degli atteggiamenti e dei gesti che raffigurano, e soprattutto la radicalità sconvolgente del messaggio cristiano espresso dall’icona, sostituendovi un sentimentalismo un po’ superficiale e sdolcinato, fatto di abbracci, di buoni sentimenti, inadeguato a testimoniare l’essenza della famiglia e a rispondere, di conseguenza, alle drammatiche sfide del mondo contemporaneo.
In realtà, forse proprio l’icona può aiutarci a ritrovare oggi un linguaggio in grado di esprimere, come già alle origini del cristianesimo, il radicale, rivoluzionario messaggio che contrassegnò il “lievitare” di un mondo nuovo nel vecchio mondo dell’antichità pagana. Comprendere il nucleo essenziale della famiglia non è prioritariamente questione di etica sessuale o di psicologia affettiva; implica un viaggio a ritroso fino alle radici dell’essere, fino a quel primo mattino della creazione, in cui echeggiarono le parole: “Non è bene che l’uomo sia solo”. Sono le parole con cui il Creatore perfeziona la sua opera traendo dalla costola di Adamo una creatura per dargli un “aiuto che gli corrisponda” (Gen 2,18), e che fissano la tenerezza con cui Dio guarda all’uomo trovando in lui la stessa esigenza di comunione, di amore, esistente nel profondo di Sé.
L’icona della Santa Famiglia – un’iconografia nuova che sviluppa motivi e soggetti esistenti nella tradizione iconica nelle scene dell’infanzia di Gesù o nell’icona della Divina maternità di Maria – tenta di tradurre nel linguaggio delle immagini questo nucleo essenziale, divinoumano, dell’identità umana. È quanto sottolinea Benedetto XVI rievocando l’infanzia di Gesù: si può comprendere ciò che avvenne nella capanna di Betlemme e poi nella fuga in Egitto e nel nascondimento di Nazareth solo alla luce del Prologo di Giovanni, che presenta “in modo esplicito e grandioso la risposta alla domanda… circa l’origine di Gesù, facendone una definizione dell’esistenza cristiana”.
Non avrebbe alcun senso la poesia della greppia, dei pastori, dell’alleluia cantato dagli angeli, se in tutto questo non si contemplasse il mistero per cui “‘il Verbo si fece carne e pose la tenda fra noi’ (Gv 1,1-14). L’uomo Gesù – prosegue Ratzinger – è l’attendarsi del Verbo in questo mondo. La ‘carne’ di Gesù, la sua esistenza umana, è la ‘tenda’ del Verbo… la tenda dell’incontro è in modo del tutto reale ciò di cui la tenda e, in seguito, il Tempio potevano essere soltanto la prefigurazione”. Di qui nasce “un nuovo modo dell’essere uomini”, non più generati “da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio”.
Il mistero che avvolge i personaggi della Santa Famiglia – raffigurati sullo sfondo della grotta di Betlemme, del deserto che li vede profughi verso l’Egitto, della casa di Nazaret o del tempio di Gerusalemme, nel drammatico colloquio in cui i genitori dovettero, forse per la prima volta, comprendere che il destino del figlio divergeva misteriosamente da quello preparato dal loro affetto – è il mistero di un Amore che li custodisce ma anche li supera incessantemente. Per questo motivo, alla mostra, che si svolgerà con il patrocinio della Fondazione Russia Cristiana e della Scuola iconografica di Seriate, si è voluto dare un titolo preso da una riflessione di Romano Guardini: “Amore fa queste cose! Non già che esso spieghi alcunché alla ragione, ma scuote il cuore e lo introduce nei misteri di Dio. Il mistero non è inteso, ma si fa vicino… Nessuna delle grandi realtà nella vita umana è balzata da puro pensiero; tutte dal cuore e dal suo amore. L’amore, peraltro, ha il proprio perché e il suo proprio fine – certo bisogna esserne disposti, altrimenti non si comprende nulla. Se poi è Dio che ama? Se sono la profondità e la potenza di Dio che sorgono, di che sarà capace allora l’amore? Di una magnificenza così grande che, a non esordire dall’amore, deve apparire stoltezza e non senso”.
Le sette sezioni in cui è scandito il percorso della mostra (L’‘attendarsi’ del Verbo in questo mondo, La dimora umana di Gesù, Le braccia che ci accolgono, Il “mistero della verginità”, “Con cuore di padre”, I passi della salvezza, Santità della famiglia), sviluppano ciascuna proposte iconografiche diverse legate all’esperienza e alla riflessione dei singoli iconografi che hanno partecipato al lavoro. Una sezione, in particolare, segue passo dopo passo il cammino proposto dalla Patris Corde, traducendone le riflessioni in immagini iconiche di san Giuseppe e della sua custodia della Famiglia affidatagli.
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Per una visita virtuale e una meditazione sul tema della Santa Famiglia, è disponibile questo video.
“Amore fa queste cose”
Mostra di icone della Santa Famiglia
Chiesa di San Celso, corso Italia 37, Milano
22 settembre – 3 ottobre 2021
Orari di apertura:
giorni feriali: 16-19
sabato e domenica: 9.30-12.30; 16-19
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