Un bambino di 8 anni è stato arrestato in Pakistan e rischia la pena di morte per aver fatto la pipì in una moschea. L’accusa nel paese islamico è quella di blasfemia. Il caso, di cui ha parlato il Guardian, è accaduto pochi giorni fa e sta scatenando violenze in una piccola città hindu del distretto di Rahim Yar Khan, circondata dai fondamentalisti. Il bambino, di famiglia induista, avrebbe urinato sul tappeto vicino ai testi sacri dell’Islam.
Il giudice aveva deciso che il bambino poteva tornare a casa dai genitori in cambio di una cauzione, ma la sentenza ha scatenato la furia di fanatici che, per costringere le autorità a riarrestarlo, si sono sfogate contro un tempio hindu a colpi di spranghe e di travi usate come arieti per sfondare le bacheche di vetro, distruggere gli idoli e le icone. Una cinquantina di persone sono state arrestate nelle ore successive agli incidenti, fino a quando la polizia ha deciso di riportare in custodia il ragazzino per tenere sotto controllo l’ordine pubblico.
Pakistan, bimbo rischia pena di morte per aver urinato in moschea: il caso di Asia Bibi
Secondo i genitori del bambino di 8 anni arrestato perché avrebbe fatto la pipì in una moschea, il figlio non sa nemmeno perché lo tengano rinchiuso senza poter vedere sua madre o il padre e negano le accuse al figlio. “Abbiamo lasciato i nostri negozi e il nostro lavoro – hanno detto in una intervista al Guardian -. L’intera comunità è spaventata e temiamo contraccolpi. Non vogliamo tornare in quella zona perché non c’è stata alcuna azione significativa contro i colpevoli o per salvaguardare le minoranze che ci vivono”.
Della sorte del piccolo induista tenuto in caserma si è occupato anche il governo dell’India e il ministro degli Esteri ha convocato un diplomatico pakistano a Delhi per protestare contro l’assalto al tempio e per chiedere maggiore sicurezza alle famiglie indù che vivono nel paese, come quella del più piccolo detenuto per blasfemia del Pakistan e del mondo. La sua storia ricorda quella della cristiana Asia Bibi e riguarda la legge della sharia contro la diffamazione e dissacrazione dei pilastri dell’Islam. Human rights without frontiers ha individuato 47 credenti di tutte le fedi in in carcere per blasfemia, 26 cristiani, 15 musulmani sunniti, 5 ahmadi e 1 musulmano sciita, ma sarebbero molti di più. Di questi 16 sono stati condannati a morte, 16 all’ergastolo, 10 sono da anni in attesa di giudizio.