Il candidato civico a presidente della Regione Calabria, “Luigi di Napoli”, ha (nuovamente) presentato in questi giorni il suo progetto politico. L’idea di fondo è quella di mostrarsi come salvatore della Calabria, al di là della sua storia personale di illusioni e fallimenti e naturali vittimismi; è quella di voler apparire come il taumaturgo del tutto, abbandonando le vesti di San Gennaro e indossando il saio di San Francesco di Paola. E lo fa per come il santo paolano è immaginato nella cultura popolare, dove il bastone cui si appoggiava per camminare, ormai novantenne, viene visto come randello per picchiare peccatori e traditori. Cosa che fisicamente l’eremita calabrese non ha mai fatto come, invece, fece Gesù contro i mercanti nel tempio.
L’ancora sindaco di Napoli, invece, bastona con la lingua e promette miracoli a destra e sinistra, fustigando la Calabria intera. Così, il Pd viene paragonato a un call center, che ha telefonato casa per casa per trovare la sua candidata a presidente, la scienziata Amalia Bruni. E anche l’apparente unità del centrodestra, intorno a Roberto Occhiuto, viene sminuita a banale apparenza di facciata.
Nella piena populista de Magistris è pronto a elencare tutti i mali della Calabria, che lui naturalmente risolverà. Gli incendi, che in questi giorni stanno divorando Aspromonte e Sila, ma anche la Grecia, la Turchia, la Spagna, la California e persino la Siberia sono tutta colpa degli attuali politici calabresi. La spazzatura che a Napoli arrivava fino ai primi piani, e che lui risolse grazie al diretto intervento del Governo Berlusconi, dell’esercito e dei costosissimi treni che ancora viaggiano quotidianamente verso la Germania, la farà sparire anche dalla Calabria, ma non dice come. Sanità e acqua pubblica garantiranno la soluzione di altre due questioni ataviche: peccato che le reti pubbliche dell’acqua in Calabria siano state costruite nella prima fase dell’intervento della Cassa del Mezzogiorno, negli anni ’50 e poi mai manutenute e ammodernate.
Nel frattempo, in questa strana bigamia che gli fa dire, a seconda dei giorni “amo Napoli” e “la Calabria l’ho sempre amata”, si scontra con la definizione delle liste. A chi gli chiede se si candiderà anche in una delle sue liste per aspirare a una poltrona e a uno stipendio da consigliere regionale, per il momento non risponde. I tanti peones che si stanno candidando con lui (sei, sette od otto liste) iniziano ad avvertire la difficoltà, con tanti concorrenti, di raggiungere il 4% dei voti necessari per superare lo sbarramento, tant’è che de Magistris nelle ultime ore si sta adoperando a non sovrapporre candidati che rischiano di cannibalizzare voti nei singoli territori.
Al candidato civico hanno spiegato che l’effimera e fugace visibilità e seguito sui social potrebbero non bastargli per come da sempre succede al M5S che, nonostante il 25% alle politiche, è incapace di raggiungere l’8% di sbarramento di coalizione alle regionali.
Le proposte estemporanee qui non bastano. La Calabria è complessa e il sindaco di Napoli lo sa. Se per palazzo San Giacomo poteva proporre l’adozione di Partenope come unica moneta comunale, in Calabria se istituirà una zecca a Locri Epizephiri non potrà non farlo a Kroton, a Sýbaris, a Rhèghion. E se a Napoli proponeva una flotta navale, qui proporrà un’intera flotta aerea antincendio: la pagherà con le nuove monete che farà stampare?
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