I risultati delle prove Invalsi 2021 per inglese sono rimasti sostanzialmente stabili rispetto alla rilevazione del 2019, ma come già sottolineato si tratta di un esito solo apparentemente positivo – rispetto a italiano e matematica in netto calo – in quanto le due diverse rilevazioni hanno entrambe mostrato il grave deficit di competenze in reading e listening (soprattutto quest’ultima). Per quanto riguarda le classi quinte l’istituto sintetizza come segue la rilevazione: “Nella Prova di Listening solamente il 36,9% degli studenti si attesta nel livello B2 (35,0% nel 2019) e il 49,3% in quella di Reading (51,8% nel 2019)”.
Il livello di uscita B2 previsto per tutti gli ordini di scuola è ben lungi dall’essere conseguito, soprattutto se si tiene presente che la prova Invalsi, sia per reading che per listening, non è uniformemente a livello B2 per il grado 13 (le classi quinte); dei 5 tasks della reading e della listening, due sono a livello B1 (in teoria il livello soglia per il primo biennio della scuola superiore) e le restanti tre a livello B2.
Si potrebbe ulteriormente mettere in discussione lo strumento stesso di rilevazione, che valuta solo due competenze, reading e listening, al contrario delle varie certificazioni internazionali (Ielts, First, Cae, Trinity…) che includono anche speaking e writing, arrischiando la costruzione di griglie di valutazione ben più complesse e significative che il puro dato percentuale delle risposte corrette (sempre risposte chiuse, cioè con una sola opzione corretta) in reading e listening.
Un ulteriore elemento critico nella rilevazione è l’esclusione di quanto viene chiamato use of English, un mix di grammatica e vocabolario, che invece è una delle passioni neanche tanto segrete, accanto agli studi letterari, della classe docente italiana. Tuttavia, visto che le indicazioni nazionali non prevedono altro che il conseguimento del livello B2, l’assenza di quest’area, pur presente ad es. nel First, non è criticabile.
Cosa ci dicono i vari aspetti tecnici di questa breve e parziale disamina dello strumento di rilevazione? Che se mettessimo dentro il test Invalsi tutto, tutte le abilità, il vocabolario, la grammatica, le percentuali sarebbero ancora più basse; nelle certificazioni internazionali, la competenza che va per la maggiore – quella che dà mediamente gli esiti migliori – è la reading, seguita dalla speaking e poi writing e listening. Solo le certificazioni First Cae Proficiency mantengono, per quanto molto semplificate rispetto al passato, la sezione Use of English (anche se la denominazione non compare), ma si tratta spesso della sezione più temuta dagli studenti.
In sostanza l’Invalsi 2021, come i precedenti, ci ha restituito un quadro per inglese che non varrebbe nemmeno la pena di analizzare, causa la debolezza dello strumento di rilevazione stesso rispetto alla richiesta di famiglie che danno la caccia a scuole internazionali, scuole con percorsi Cambridge, scuole IB, scuole con ore aggiuntive di inglese in modalità Clil, scuole con sottogruppi di livelli, scuole con corsi pomeridiani di preparazione alle certificazioni, ricercandole sia nel settore privato che in quello pubblico e trovando quello che le proprie tasche e l’offerta del territorio (due fattori correlati) offrono. Cosa cercano le famiglie, non sempre sapendo bene come scegliere, confusamente, ma con una notevole determinazione? Un luogo di reale apprendimento della lingua inglese, e che dia allo studente “un certificato di valore”.
Tutti gli studenti ricevono dal sistema pubblico la certificazione open badge del test Invalsi, scaricabile dal sito, ma per inglese sarebbe impresentabile in un Cv o come suggerito da Invalsi stesso nel portfolio dello studente, visto che il requisito posto dallo Stato italiano stesso per i docenti Clil, ad esempio, è che conseguano una certificazione che comprenda tutte le abilità. Cosa che la rilevazione Invalsi non fa, al momento. Di conseguenza chi può paga – poco, molto, tantissimo – per avere una delle opzioni di cui sopra, e con un certificato che si possa far valere a breve (iscrizione universitaria) o lungo termine (accesso al mondo del lavoro).
L’Invalsi di inglese ci dice ancora troppo poco delle competenze in inglese degli studenti italiani per poter immaginare un percorso di miglioramento degli apprendimenti a partire dai dati che fornisce. Lungi da me ritenere che le certificazioni internazionali siano lo strumento di rilevazione perfetto in tal senso, ma lo sforzo compiuto in decenni di attività – a fini di lucro, sia ben chiaro, ma teso a creare strumenti di rilevazione in continua trasformazione – li configura come dei saggi illuminati rispetto ai quali il test Invalsi è un fanciullo alle prime armi. Ripianificare i percorsi di apprendimento a partire dal test Invalsi di inglese significherebbe solo piegare gli stessi alla good performance rispetto al testing.
Ma se una rilevazione degli apprendimenti non è funzionale alla ripianificazione degli apprendimenti stessi, che utilità ha?
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