Quanto sta accadendo in Afghanistan ha portato a una riunione urgente, forse tardiva, del Consiglio di sicurezza dell’Onu e interroga la Comunità internazionale. A livello economico la probabile nascita dell’Emirato islamico a Kabul non avrà ripercussioni particolari, almeno nell’immediato.
Come spiega Mario Deaglio, professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino, “la cosa più rilevante è che acquisisce maggiore peso il Pakistan, i cui servizi hanno sempre appoggiato i talebani. Non dimentichiamoci che, in passato, quando combattevano contro l’Unione Sovietica, sono stati sostenuti anche dagli Stati Uniti. Il Pakistan è alleato della Cina, quindi questa piccola mossa sullo scacchiere mondiale aumenta l’influenza di Pechino verso il Medio Oriente”.
Potranno esserci ripercussioni sul prezzo del petrolio?
Direttamente no, perché stiamo parlando di un Paese dove non ci sono pozzi petroliferi. In questo momento, poi, non siamo di fronte a un enorme aumento della domanda. Le conseguenze potrebbero quindi essere solo di tipo indiretto, in particolare se nella regione si cominciasse a pensare che essere alleati degli Stati Uniti non porta vantaggi e rischia di essere anzi pericoloso. Pensiamo cosa accadrebbe se i Paesi Arabi decidessero che è meglio allearsi con la Cina… Ovviamente siamo ancora lontani dal poter immaginare che uno scenario del genere possa concretizzarsi, ci vorrebbero una serie di altri eventi prima.
Come ha appena ricordato, la domanda di petrolio non è cresciuta in modo vigoroso, ma il prezzo del barile è salito molto negli ultimi mesi, così come quello di altre materie prime. Cosa che, come ha segnalato recentemente il Centro Studi di Confindustria, insieme ad alcune strozzature dell’offerta lungo la filiera produttiva internazionale, può portare a un rallentamento della produzione industriale.
È ancora presto per ipotizzare l’inizio di questo rallentamento. Nel settore che in questo momento tira di più, l’edilizia, ci sono dei problemi di approvvigionamento, specie per quanto riguarda il legname, il cui prezzo è raddoppiato. C’è poi una carenza di semiconduttori che pesa non poco sull’automotive. Le ragioni di tale carenza non sono ancora totalmente chiare. Di certo si sa che questo genere di semiconduttori vengono prevalentemente fabbricati a Taiwan, molto vicino alla Cina quindi. Se la situazione non cambierà, allora in autunno potranno esserci problemi più seri per la produzione di automobili.
Stiamo comunque parlando di due settori, l’edilizia e l’industria, che sono i protagonisti del rialzo registrato finora dal Pil italiano.
L’edilizia tira bene, mentre nella manifattura c’è un andamento a macchia di leopardo, ci sono produzioni che vanno benissimo e altre dov’è tutto fermo. Faccio un esempio per quel che riguarda il tessile. Il filato, con cui si realizzano magliette, felpe, maglioni e altri singoli capi, va benissimo. Il tessuto con cui si fanno gli abiti completi è invece fermo, probabilmente perché si sente meno bisogno di sostituirli dopo un anno o quasi di smart working o senza viaggi di lavoro. Ci sono quindi ampie differenze all’interno di uno stesso settore.
Resta comunque plausibile raggiungere la crescita del Pil stimata addirittura vicino al 6% per quest’anno?
Sì. È ancora difficile essere precisi su quale sarà il dato finale, ma le stime sono cresciute e se guardiamo l’orizzonte europeo in effetti l’Italia non va male, fa meglio di altri Paesi, compresi Francia e Germania. Dovremo comunque recuperare parecchio terreno, non solo rispetto ai livelli pre-Covid, ma ritengo che se i lavori pubblici già finanziati riusciranno a partire entro l’anno avremo una base abbastanza solida per proseguire in questo percorso.
Intanto sono arrivate le prime risorse del Recovery fund. Pensa ci sia poco spazio nel Pnrr per l’industria?
L’industria che vuol essere privata lo spazio se lo deve trovare da sola, lo Stato non può sostituirsi a essa, non siamo in un regime socialista. Se quindi l’industria privata vuole continuare a essere un elemento importante in questo Paese deve dirci lei cosa vuole fare nel medio periodo e utilizzare risorse proprie o convincere le banche, che in questo momento hanno molti risparmi depositati, a farsele prestare. A queste certamente si aggiungeranno poi quelle del Governo e dell’Europa, ma occorre che il punto di partenza sia privato.
(Lorenzo Torrisi)
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