Caro direttore,
la logica del green pass, che la si condivida oppure no, è abbastanza chiara. Essa si pone lo scopo di incentivare le vaccinazioni, autorizzando determinati comportamenti sociali solo se si è in possesso dell’autorizzazione rappresentata dal green pass.
Per quanto riguarda la scuola, l’obiettivo è quello di fare in modo che tutto il personale scolastico si sottoponga a vaccinazione prima del rientro a settembre (salvo quelle persone che non possono vaccinarsi per motivi di salute). Non è questa la sede per discutere della legittimità di tale provvedimento, ancorché alcuni insigni costituzionalisti non abbiano rilevato, in tal senso, nessun ostacolo. Ma un fatto è certo ed è che si vuole incentivare la vaccinazione, consentendo determinate libertà solo a chi dispone di quel permesso.
Se le cose stanno in questo modo, che senso hanno le polemiche di queste ore tra il ministero e la Cgil scuola? Se poi si considera che quelle stesse polemiche hanno coinvolto anche i partiti, si ha davvero l’impressione di assistere alla classica tempesta nel bicchier d’acqua.
L’origine di tutto risale a una riunione, che si è tenuta tra il ministero e i sindacati della scuola nella notte di venerdì scorso, finalizzata a sottoscrivere un’intesa sulle misure di sicurezza per l’avvio dell’anno scolastico. La questione bollente è stata quella se consentire la gratuità dei tamponi anche a chi volontariamente si è astenuto dalla vaccinazione.
Non sappiamo se tra questi ultimi si annoverino dei no vax militanti, ma è certo che coloro che hanno rifiutato la vaccinazione siano, in una qualche misura, contrari alla stessa. In tal senso la definizione di “no vax” per chi non accetta la vaccinazione, al di là del fatto che egli ne abbia fatto oppure no una questione di fede ideologica, si attaglia perfettamente. Ebbene che senso ha che la scuola paghi loro il costo dei tamponi, cui, a cadenza ravvicinata (ogni 2 giorni?), tutti i non vaccinati devono sottoporsi? Se la logica del green pass è quella di fornire una “spinta” (più o meno gentile) a favore della vaccinazione, la gratuità del tampone costituirebbe una controspinta, contraddittoria anche su un piano logico.
Sinopoli, segretario Flc-Cgil, osserva che chi non vuole vaccinarsi è costretto a sottoporsi ai tamponi, che quindi è opportuno siano gratuiti. Già, ma allora perché non garantire ai no vax anche appositi permessi lavorativi per sottoporsi ai tamponi, magari esentandoli dal lavoro per alcune ore o intere mattinate (ogni 2 giorni?), o addirittura perché non mettere loro a disposizione, a tale scopo, delle postazioni mediche mobili nelle scuola (pagate con denaro pubblico)?
Ripeto, senza entrare in merito alla questione del valore morale e civile del green pass, che senso ha perseguire un obiettivo e contemporaneamente andare in direzione contraria?
Viviamo in una società storicamente caratterizzata dai diritti individuali, che, di conseguenza, vive una condizione di disagio quando si confronta con l’idea di un obbligo o con il concetto di “dovere”. Una società (e una politica) che ha scarsa dimestichezza con l’attuazione di scelte all’apparenza impopolari o scelte verso le quali una minoranza di cittadini può opporsi.
Si giustappone a tutto questo un sindacalismo dei “pandiritti”, dove qualsiasi rivendicazione, anche quelle inopportune, trova un pieno riconoscimento. Il consenso dei voti e delle tessere d’iscrizione sindacale ha sempre un primato rispetto a qualsiasi altra ponderata riflessione. Eppure nessun aggregato sociale, dalla famiglia allo Stato, si regge senza la sostanza etica di ciò che è “dovere”.
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