“Non possiamo più permettere che i nostri ospedali tornino a essere occupati da pazienti Covid a scapito di altre patologie: ciò significherebbe pregiudicare ancora di più l’attività ordinaria. E questo è l’ennesimo motivo per cui dobbiamo assolutamente vaccinarci”. Andrea Costa, sottosegretario di Stato alla Salute ed esponente di Noi con l’Italia, batte con insistenza sul tasso della vaccinazione, perché “i numeri ci dicono che oggi il 90% dei ricoverati, in Sicilia ma non solo, sono tutti cittadini che non hanno completato il ciclo vaccinale o che non hanno ricevuto neppure la prima dose”.
Sul Green pass ribadisce che “è uno strumento che vuole garantire la libertà e non comprimerla o reprimerla”, tanto che con il suo utilizzo nelle scuole deciso dal governo “abbiamo introdotto il presupposto fondamentale per garantire la didattica in presenza”. Costa, intervenuto ieri al Meeting di Rimini all’incontro sul ruolo che la ricerca gioca nella battaglia contro il Covid, sottolinea a tal proposito come il governo “sia impegnato in prima linea per garantire maggiori investimenti ai ricercatori e uno snellimento della burocrazia, allo scopo di far tornare nel nostro paese, che vanta eccellenze straordinarie, ricerca e produzione di farmaci”.
La Sicilia, che in una settimana ha fatto registrare un aumento dei contagi del 34%, ha rischiato di tornare in zona gialla, ma poi si è salvata: non rivedremo più le restrizioni dei mesi passati?
Da tempo abbiamo rivisto i parametri che determinano il cambiamento di colore delle varie regioni e giustamente abbiamo dato peso a ospedalizzati e terapie intensive più che ai contagi. Detto questo, un eventuale passaggio in zona gialla prevede solo l’obbligo di mascherina all’aperto e la reintroduzione del limite di quattro posti a sedere per tavolo all’interno di un ristorante. Quindi, giusto prestare attenzione a quel che succede sul fronte epidemiologico, ma non possiamo non mettere in evidenza un fatto fondamentale.
Quale?
Parliamo di una regione che registra un numero inferiore di vaccinati rispetto alla media nazionale. E questo è un ulteriore elemento che ci deve far capire quanto sia importante la vaccinazione. I numeri infatti ci dicono che oggi il 90% dei ricoverati, in Sicilia ma non solo, sono tutti cittadini che non hanno completato il ciclo vaccinale o che non hanno ricevuto neppure la prima dose. Mi auguro che questo dato possa persuadere ancora di più i cittadini scettici sui vaccini. Anche perché non ritengo giusto e corretto che i cittadini che si sono vaccinati vedano la propria regione cambiare colore, con conseguenti restrizioni, per colpa dell’irresponsabilità di chi sceglie di non vaccinarsi.
A proposito di vaccini, in Italia mancano ancora più di 4 milioni di over 50 da immunizzare. Che cosa intende fare il governo?
Dobbiamo assolutamente continuare l’opera di convincimento. La radicalizzazione dello scontro non porta risultati positivi. Nelle ultime due settimane, però, si è verificato un incremento di vaccinati in questa fascia d’età. Ora dobbiamo cercare di raggiungere in maniera capillare questi cittadini per i quali evidentemente i grandi hub non hanno funzionato. In tal senso un ruolo strategico lo potranno svolgere le farmacie e medici di medicina generale, perché oltre a garantire una presenza diffusa sul territorio possono contare anche su un rapporto fiduciario con i loro pazienti, esercitando un effetto persuasivo molto maggiore rispetto a qualsiasi campagna di sensibilizzazione organizzata dal governo. E’ un obiettivo che possiamo centrare se ciascuno darà il suo contributo.
Sull’utilizzo del Green pass si è aperto un dibattito e lei qualche tempo fa ha dichiarato: “Credo che ci sia la disponibilità da parte del governo di comprendere in questi giorni che tipo di azioni correttive possiamo apportare per renderne l’applicabilità più fluida”. Dobbiamo aspettarci novità?
Innanzitutto voglio sottolineare che il Green pass è uno strumento che vuole garantire la libertà e non comprimerla o reprimerla. L’espansione del suo utilizzo è stata pensata proprio per evitare di interrompere questo percorso graduale di ritorno alla normalità. E’ una garanzia. Quanto alla dichiarazione che lei ha ricordato, era riferita al fatto che c’era da chiarire se potevano essere previste sanzioni a carico di quegli esercenti e ristoratori che non provvedevano a richiedere il Green pass ai propri clienti. Il punto è stato poi chiarito. Dobbiamo comunque avere la consapevolezza che siamo ancora in una fase di emergenza e che il governo sta chiedendo ancora un sacrificio ai cittadini. Non possiamo permetterci di fare errori e dobbiamo affrontare le prossime settimane non con paura, ma con prudenza e senso di responsabilità.
Negli Stati Uniti da settembre verrà somministrata la terza dose di vaccino, ma l’Oms ha espresso la sua contrarietà, perché la priorità è proteggere tutti con le prime due iniezioni. Che cosa farà l’Italia?
Qualora si presenterà la necessità, sul fronte della terza dose l’Italia è pronta per iniziare a somministrarla, ci stiamo già organizzando. E’ chiaro che si tratta di una scelta che la politica assumerà sulla base delle evidenze scientifiche.
E oggi che cosa ci dicono queste evidenze?
Non sono ancora arrivate indicazioni precise e specifiche sul se e quando iniettare la terza dose. A tutt’oggi è ragionevole pensare, in base alle informazioni che abbiamo, che ci sarà bisogno, entro un anno dall’ultima somministrazione ricevuta, della terza dose, partendo ovviamente da anziani e soggetti fragili.
I dubbi dell’Oms?
Mi sento di condividerli, nel senso che, mentre aspettiamo di capire se e quando fare la terza dose, dobbiamo assolutamente completare la vaccinazione di chi ancora non si è immunizzato.
A maggio, quando il governo Draghi ha annunciato le riaperture, la situazione epidemiologica si presentava peggiore rispetto a quella dell’anno precedente, ma a fare la differenza era il progredire della campagna vaccinale. Ora che si avvicina l’autunno, stagione più favorevole al virus, che cosa dobbiamo aspettarci?
Per prima cosa dobbiamo rinnovare l’estrema fiducia nella scienza: se oggi l’Italia come altri paesi, sta combattendo contro il virus è proprio grazie al fatto che la scienza, la ricerca hanno messo a disposizione i vaccini. Proprio grazie ai vaccini lo scenario è cambiato e oggi possiamo pianificare e prevedere scenari futuri, a patto che si completi in fretta – lo ripeto – la campagna vaccinale, per evitare che insorgano nuove varianti contagiose. Qui sta la delicatezza della sfida ed è per questo che è importante che si vaccinino anche i giovani.
Che risposta stanno dando?
I giovani stanno dando un ottimo esempio: l’Italia è nei primi tre paesi al mondo per vaccinati nella fascia 12-19 anni. A un mese dall’inizio dell’anno scolastico oltre il 45% ha ricevuto almeno la prima dose. Un grande gesto di solidarietà.
Intanto si avvicina la riapertura della scuola e restano aperti diversi nodi: si corre il rischio di fallire per il secondo anno l’obiettivo di una ripartenza in presenza e in sicurezza?
La politica non si può permettere di fallire questo obiettivo. Stiamo lavorando per creare le giuste condizioni e il provvedimento che prevede il Green pass obbligatorio per il personale scolastico va in questa direzione, anche se è giusto ricordare che l’85% del personale si è già vaccinato e ora il commissario Figliuolo, che aveva invitato le regioni a fornire entro il 20 agosto i numeri precisi, ha reale contezza del problema. Inoltre abbiamo stanziato risorse per fare screening nelle scuole e questo contribuirà a monitorare la situazione. Credo però che con il Green pass abbiamo introdotto il presupposto fondamentale per garantire la didattica in presenza.
Sul fronte delle cure domiciliari e del coinvolgimento dei medici di base sono stati fatti passi avanti?
Sul fronte della medicina del territorio la nostra sfida sarà utilizzare al meglio i 19 miliardi a disposizione grazie ai fondi del Pnrr. Abbiamo l’occasione straordinaria di ridisegnare e rafforzare una sanità di qualità, accessibile a tutti e uniforme sul territorio: la pandemia ci ha insegnato che abbiamo bisogno di una sanità che avvicini i servizi ai cittadini e non il contrario.
La ricerca italiana sta fornendo un contributo importante nella lotta al Covid, ma lamenta mancanza di investimenti adeguati ed eccessiva burocrazia degli enti regolatori. Come cambiare marcia?
Sono necessità che condivido in pieno. Il nostro paese vanta eccellenze straordinarie, che ora vanno messe a sistema perché possano dare ancora di più. L’Italia è prima in Europa per produzione e ricerca di farmaci, peccato che siano prodotti all’estero. Paghiamo purtroppo anni di depotenziamento della ricerca, settore in cui si è investito troppo poco. Ecco perché abbiamo investito fondi del Recovery allo scopo di far tornare ricerca e produzione in Italia. Quanto alla semplificazione e alla sburocratizzazione, temi già sul tavolo del governo, si punterà ad accelerare i tempi fra lo stanziamento degli investimenti e il loro utilizzo sul campo.
In questi 19 mesi la pandemia ha concentrato su di sé sforzi e risorse del Sistema sanitario nazionale, lasciando indietro tante altre patologie gravi e croniche, che hanno accumulato arretrati molto pesanti. Il governo sta pensando a come smaltirli?
Questo è un tema molto dolente ed è l’ennesimo motivo per cui dobbiamo assolutamente vaccinarci. Non possiamo più permettere che i nostri ospedali tornino a essere occupati da pazienti Covid a scapito di altre patologie: ciò significherebbe pregiudicare ancora di più l’attività ordinaria. Il prezzo che dobbiamo pagare è già alto. Nell’ultimo decreto Sostegni abbiamo stanziato oltre 600 milioni, e altri ne stanzieremo, per dare la possibilità alle regioni di iniziare un percorso che consenta di smaltire queste lunghe liste d’attesa.
(Marco Biscella)