Chiara Appendino, sindaco uscente di Torino, è giunta al settimo mese di gravidanza e, come ha lei stesso ammesso, il suo pancione negli ultimi mesi è divenuto via via, con il piccolo Andrea che, con qualche calcio ben assestato, si sincera che la mamma abbia sempre ben chiara la sua presenza (giorno e notte, ovviamente). Proprio in queste ore il primo cittadino del capoluogo sabaudo ha effettuato alcune riflessioni sulla gravidanza: “È davvero molto difficile far capire cosa significhi la gravidanza dal punto di vista dell’esperienza fisica e psicologica – ha sottolineato –. Tuttavia, pur nella sua affascinante complessità, la gravidanza è un processo naturale al quale l’organismo nella sua interezza – a meno di particolari condizioni – tende ad adattarsi”.
Infatti, Appendino ha lavorato e sta continuando a lavorare, pur facendo i conti con le nausee dei primi mesi e con alcune attività che portano ad affaticamento eccessivo che vanno evitate. “In generale – ha aggiunto – si tratta di un processo, anche culturale, di ‘normalizzazione’ della gravidanza, di creare quella consapevolezza del fatto che essere incinte non significa essere malate. Recentemente la Legge ha dato la possibilità alle donne di lavorare fino al nono mese, a patto di avere un parere medico favorevole. Spostando il congedo di maternità ai cinque mesi successivi al parto. Lo trovo un ottimo segnale, sia per le donne, che hanno maggiore possibilità di scelta, sia per un mondo del lavoro che – colpevolmente – ha sempre visto la gravidanza come una condizione patologica”.
CHIARA APPENDINO: “COSA SIGNIFICA ESSERE MADRI QUANDO SI LAVORA?”
Chiara Appendino si domanda inoltre quante donne possano scegliere di diventare madri consapevoli che avranno risorse, garanzie e qualcuno su cui contare dopo la nascita del figlio, in quanto, quando hai tra le braccia un neonato che ha bisogno di attenzioni 24 ore su 24, “se sei sola, se non hai un posto di lavoro sicuro (e spesso anche se ce l’hai), se non hai qualcuno che ti supporti, quella che dovrebbe essere l’esperienza più bella ed emozionante della vita diventa la principale fonte delle tue paure”. E inizia l’elenco delle fobie: dalla paura di chiedere permessi al lavoro a quella di non trovare posto in un nido pubblico, da quella di non disporre delle risorse sufficienti in caso di problemi imprevisti a quella di ammalarti.
“Vorrei un mondo – ha concluso Appendino – dove ogni donna può vivere l’esperienza della maternità serenamente. Dove non debba vivere con preoccupazione le ripercussioni sulla propria carriera lavorativa, il ricatto di domande inopportune ai colloqui di lavoro o, peggio, di dimissioni in bianco. Dove il mondo del lavoro accetta la maternità per quello che è: un momento del tutto naturale dove la donna – a meno di condizioni particolari – è nelle sue piene facoltà per continuare a dare il suo contributo nelle attività professionali. Vorrei un mondo dove ogni donna e ogni uomo hanno il diritto di diventare genitori in piena libertà, al riparo da ogni paura, con tutti gli strumenti normativi che uno Stato moderno può mettere a disposizione”.