(Pubblichiamo l’intervista rilasciata da Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, al quotidiano Avvenire in edicola oggi, a conclusione del Meeting di Rimini)
Tre governi in una legislatura, la pandemia, la crisi economica, una grande coalizione… Il mandato di Mattarella si chiude con i fuochi d’artificio. Che bilancio fa di questo settennato?
“Mi fa piacere ricordare che Sergio Mattarella era già venuto al Meeting di Rimini per inaugurare la mostra dedicata ai 70 anni della Repubblica. È una grande personalità, che ha guidato il Quirinale con saggezza ed equilibrio in sette anni difficilissimi. Il Paese ha avuto bisogno di una guida in un momento di grande instabilità e confusione che stava mettendo alla prova le istituzioni”.
E se ci fosse un Mattarella bis? Oppure potremmo avere una donna al Quirinale?
“La decisione spetta al Parlamento, io posso solo auspicare che la scelta cada su una personalità garante della coesione nazionale e ispirata da esperienza, competenza, solidi valori etici e sociali e alta credibilità internazionale. Le sfide sono epocali e globali. Riguardano la ripresa economica e il recupero del significato della democrazia che sta attraversando una grande crisi”.
L’anno scorso è scoppiato l’amore tra il Meeting e Draghi, poi nominato presidente del Consiglio. Che giudizio dà dei primi mesi di lavoro del premier?
“Un bravo premier, probabilmente il migliore che l’Italia potesse avere nel contesto drammatico di questo periodo, con la pandemia e la crisi economica. Una persona che ha avuto importanti ruoli internazionali in prestigiose istituzioni come la Banca centrale europea. Mi sembra che stia svolgendo un ottimo lavoro politico, a giudicare dai primi risultati: la campagna vaccinale ha avuto un grande impulso; l’economia segna una crescita del 5%, con un rimbalzo superiore a quello che si era previsto. L’Italia è rispettata a livello internazionale. L’Europa ha approvato a pieni voti il Pnrr, il piano di ripresa finanziato con ingenti fondi dell’Unione Europea. Infine, Draghi mostra una buona capacità politica perché ha anche cambiato il modo di comunicare: parte dai risultati e dalle decisioni e non dagli annunci. Il suo tono è sempre sobrio, misurato, non curante delle polemiche. Mi auguro che questo stile resti anche in futuro. Ricordo che avevamo avuto Mario Draghi apprezzato ospite al Meeting già nel 2009”.
Al Meeting si è parlato di investimenti sugli operatori sanitari. Nel mondo post Covid cambieranno anche i percorsi formativi?
“Dopo l’esperienza della pandemia il sistema sanitario va ripensato. La sanità, come l’istruzione, va considerato un investimento, non un costo, che favorisce lo sviluppo del paese. La formazione è un elemento cruciale. Secondo uno studio dell’Unione Europea nei prossimi cinque anni oltre il 60% delle professioni subirà cambiamenti radicali. Il Rapporto della Fondazione per la Sussidiarietà, che ha analizzato i cambiamenti negli ultimi cinque anni, lo conferma. Abbiamo analizzato 270 professioni, fra le quali molte proprio del settore sanitario. Ebbene, in media, tutte le professioni si sono arricchite di un ventaglio di nuove competenze del 30%. Questo significa che dobbiamo tutti continuare a studiare e imparare. La formazione va estesa a tutte le età. Gli adulti che frequentano corsi di formazione in Italia sono solo 7 su 100, rispetto a 9 su 100 in Europa, per non parlare dei paesi nordici che hanno livelli ancora più elevati”.
Cosa pensa dell’idea di sospendere i prof no vax?
“La lotta alla pandemia è una priorità assoluta, è la premessa per la ripresa economica. Credo quindi che vada fatto ogni sforzo per la diffusione dei vaccini e del green pass. Io mi sono vaccinato in maggio e lo considero un dovere civico e morale, come docente universitario. Forse qualcuno dimentica che con il Covid sono morte oltre 128.000 persone, è scomparsa una media città come Salerno o Latina. E continuano a morirne decine ogni giorno! Poi ci sono stati centinaia di migliaia di persone che hanno subito danni permanenti a causa del virus. Per non parlare dei disagi sofferti da chi ha patologie gravi. Ecco, credo che il Covid sia l’esempio di cosa significa la responsabilità dei singoli verso la collettività”.
A Rimini ci sono state diverse aperture a rivedere il reddito di cittadinanza: come andrebbe rivisto?
“È utile e va mantenuto come misura contro la povertà, che si è estesa con la pandemia. Non è però uno strumento che favorisce l’occupazione. Occorre integrarlo con politiche attive per il lavoro che sono mancate in questi anni. L’Italia ha il triste primato dei Neet, i giovani che non studiano né lavorano, quasi un quarto del totale, con una forte concentrazione al Sud. Eppure nei primi sei mesi del 2021 è stato difficile o impossibile coprire quasi un terzo delle posizioni offerte dalle imprese. Un motivo è il divario territoriale: tre quarti delle offerte sono al Nord, mentre la maggior parte dei disoccupati è al Sud. Ma uno dei fattori che ha frenato la ricerca di lavoro, purtroppo, è proprio il reddito di cittadinanza. Va perciò ripensato e reso uno strumento che favorisca la ricerca attiva di un lavoro e la formazione”.
Al Meeting ci sono state aperture, anche inattese, all’accoglienza di profughi dall’Afghanistan. Cosa ne pensa?
“L’accoglienza è una opportunità per il nostro paese. Molti sono laureati e tutti fortemente motivati a venire a vivere in Italia. Molti dei profughi afghani lavoravano con nostre istituzioni. L’accoglienza dei profughi è un dovere umanitario, ma molti si dimenticano che per noi è anche un impulso positivo. Nel 2020 abbiamo toccato il minimo storico delle nascite. Andando avanti di questo passo, nel 2050 la popolazione si ridurrà di 2 milioni. La vera sfida è l’integrazione”.
(Paolo Viana)
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