Un nuovo fronte, dopo le richieste di dimissioni di Durigon e Lamorgese, sembra aprirsi per il Governo. Secondo quanto riporta La Stampa, infatti, Orlando riterrebbe responsabile del ritardo con cui procede la riforma degli ammortizzatori sociali il titolare del Mef Franco visto che ancora non è chiaro quante risorse potranno essere stanziate.
Come ci conferma Guido Gentili, ex direttore del Sole 24 Ore, ci troviamo in «una fase abbastanza complicata, anche perché sul quadro politico italiano pesa in questo momento anche l’emergenza Afghanistan, sebbene non vi sia, come in altri Paesi europei, una situazione di forte polemica interna per quel che riguarda l’accoglimento degli afghani. Questa emergenza, tra l’altro, sta facendo riemergere le problematicità dell’Europa, dopo che per oltre un anno si è parlato degli importanti passi in avanti che aveva compiuto con il varo del Next Generation Eu. Al di là di questo, internamente il problema rilevante sembra essere principalmente uno solo».
Quale?
Con l’avvicinarsi del 15 ottobre, data entro cui la Legge di bilancio dovrà essere trasmessa al Parlamento e a Bruxelles, sta riesplodendo il tema delle risorse disponibili per far fronte ai costi delle riforme che sono sul tavolo. Sugli ammortizzatori sociali sta per esempio emergendo che per ora ci sono 1,5 miliardi, ma potrebbero servirne in tutto 6 o 8 e dunque occorre trovare delle coperture. Ma questo problema c’è anche per quel che riguarda la riforma fiscale.
Inizierà un assedio a Franco in vista della Nadef e della Legge di bilancio?
Beh, il tema delle risorse è importante, perché finora abbiamo fatto una politica, come ha detto Draghi, secondo cui i soldi vanno dati e non tolti dalle tasche degli italiani. Tuttavia, occorre cominciare a passare dalla fase dei sussidi a pioggia a quella dei sostegni mirati, non più totalmente a carico dello Stato e soprattutto non più con il ricorso al deficit. Franco aveva già dato un avvertimento sulla necessità di questa svolta nei mesi scorsi, trovando la sponda del Premier. Serviranno le coperture per le riforme e allo stesso tempo bisognerà rimettere sotto controllo il debito pubblico.
Il Governo sembra dover fare anche i conti con le parti sociali. Bonomi, al Meeting di Rimini, è stato molto duro e i sindacati sollevano altre questioni (pensiamo alla riforma degli ammortizzatori sociali o a quella delle pensioni), non solo quella del green pass sui luoghi di lavoro…
Sembra che si possa arrivare all’obbligo vaccinale. Si tratterebbe di una scelta complessa, ma gestibile e in grado di far venir meno parte delle tensioni in essere con i sindacati, visto che loro stessi chiedono una legge sul tema. Per quanto riguarda l’attacco al ministro del Lavoro sul dl delocalizzazioni di Confindustria credo che Draghi terrà duro: Orlando è parte della sua squadra di Governo e quindi lo difenderà. Certo, ci sarà una mediazione rispetto alla bozza della Todde, come ha fatto capire a Rimini Giorgetti. Se Confindustria insisterà su Orlando credo troverà di fronte a sé un muro alzato.
Esplicite richieste di dimissioni sono arrivate invece per Durigon e Lamorgese.
Sul primo caso mi sembra che ormai anche Salvini abbia fatto capire che la vicenda si chiuderà accontentando chi chiede un passo indietro del sottosegretario all’Economia, mentre non mi sembra ipotizzabile che Draghi voglia dar seguito alle richieste di Lega e Fratelli d’Italia riguardo la ministra dell’Interno.
Il caso Afghanistan non toglierà tempo a Draghi per occuparsi delle vicende aperte sul fronte interno?
Francamente penso che per uno come Draghi non ci sarà questo tipo di problema, avendo gestito in passato partite molto complesse, come lo è stato il salvataggio dell’euro con l’opposizione della Bundesbank: una situazione di forte tensione e con una posta in gioco altissima. Credo che il fatto di riuscire a portare a casa, come ormai sembra certo, un vertice straordinario del G20 sull’Afghanistan come richiesto sia un successo e Draghi, anche per questa via, rafforzi la sua leadership indirettamente anche in Italia: un Governo che ha la guida del G20 e che fa passare un’iniziativa di questo tipo è fuori discussione che possa essere messo in difficoltà internamente. Detto questo, rimangono i problemi oggettivi di cui abbiamo parlato. Anche se occorre ricordare che tra Draghi e Franco c’è un rapporto di ferro e questo per il Premier è certamente un vantaggio.
Dunque, nonostante qualche vento burrascoso, il comandante della nave Italia ha ben saldo il timone ed è rafforzato dalle sue mosse a livello internazionale.
Draghi ha giocato bene le sue carte sul piano internazionale e mi sembra che abbia rafforzato la sua posizione personale e del Governo che guida. È chiaro che se le cose dovessero complicarsi e saltasse il vertice straordinario, allora questo diverrebbe un elemento di complicazione del quadro e non certo di semplificazione.
Sullo scacchiere politico, tra i leader di partito, chi vede in vantaggio su tutti gli altri e chi invece maggiormente in difficoltà?
Conte è senz’altro sul terreno più scivoloso. Deve infatti guadagnarsi la leadership piena del Movimento 5 Stelle, operazione tutt’altro che facile, anche difendendo a spada tratta il Reddito di cittadinanza che tutti gli altri vogliono rivedere profondamente. Senza dimenticare che il rapporto con Grillo, che mantiene una funzione importante nel Movimento, appare più come una tregua armata che non un accordo politico. Durante l’incontro al Meeting di Rimini l’ex Premier è apparso inoltre il più isolato. Nonostante la riconferma di un rapporto preferenziale con il Pd, mi pare ci si piena consapevolezza da entrambe le parti che non c’è un asse di ferro: sono finiti i tempi del Governo giallo-rosso.
Chi invece sta meglio degli altri?
Difficile dirlo, perché tutti hanno delle grane. Salvini, oltre al caso Durigon, non mi sembra abbia trovato terreno fertile nei suoi attacchi alla Lamorgese e deve quindi fare un po’ buon viso a cattivo gioco. La Meloni cerca di trovare spazio giocando la carta dell’opposizione, ma mi sembra che resti isolata, che non riesca a coagulare più di tanto iniziative e consensi. Letta ha i suoi problemi nel Pd e non credo poi che il suo continuare ad attaccare ogni giorno la Lega, quindi un altro membro della maggioranza, faccia piacere a Draghi. Berlusconi in questa fase gioca di rimessa, così come Renzi, che dopo aver fatto la sua partita sulla fine del Governo Conte-2 e l’avvio di quello guidato da Draghi mi pare resti alla finestra: magari starà studiando qualche altra trovata in vista dell’elezione del presidente della Repubblica.
Probabilmente tutti staranno aspettando i risultati delle amministrative per tirare le somme.
Sì. Tra l’altro il voto cade vicino alla scadenze per la presentazione di Nadef (30 settembre) e Legge di bilancio (15 ottobre). Nell’arco di 15 giorni, quindi, ci si gioca le amministrative e l’impostazione della manovra. Sarà un momento cruciale anche perché nessun partito sarà disponibile a farsi vedere come rigorista agli occhi degli elettori. La partita delle risorse, come dicevamo all’inizio, sarà cruciale.
(Lorenzo Torrisi)
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