Sulle colonne del quotidiano “Domani” viene raccontata la storia di una famiglia di cristiani scampata ai talebani e fuggita da Kabul quasi per miracolo, con i talebani pronti a catturare tutti i suoi componenti dopo che si era diffusa la notizia, presumibilmente a causa di una spia, della loro fede religiosa. Purtroppo, il capofamiglia è stato sorpreso mentre si trovava sul posto di lavoro e da allora non si hanno notizie di lui, mentre il resto del nucleo ha deciso di nascondersi in cantina, per 4 giorni e 4 notti, senza neppure disporre di provviste e acqua in gran quantità, considerata la rapidità con la quale ha dovuto darsela a gambe.
“Davamo delle gocce ai bimbi più piccoli per farli dormire ed evitare di farli piangere o urlare, perché ci avrebbero sicuramente scoperto – racconta una di loro –. Pagavamo una persona per farci ricaricare i cellulari”. Mossa, questa, rivelatasi provvidenziale, visto che le ragazze della famiglia con i loro smartphone sono riuscite a mettersi in contatto a Roma con il loro amico Alì Ehsani, scrittore afghano residente in Italia, il quale ha avvisato della situazione l’ex europarlamentare Silvia Costa, chiedendole di intercedere. Alla fine, tutto si è risolto per il meglio e la Fondazione San Michele Arcangelo di Bergamo ha accolto queste persone, sottraendole a un futuro terribile.
FAMIGLIA DI CRISTIANI SALVA: “A KABUL È VIETATO ESSERE COME NOI”
Sempre attraverso il “Domani”, la famiglia di cristiani ha raccontato quanto sia drammatico, al giorno d’oggi, avere fede in Gesù in Afghanistan, dove, a prescindere dai talebani, è impossibile manifestare la propria Fede. Di fatto, sono vietate la libertà di culto, le riunioni, la possibilità di indossare simboli cristiani, svolgere Messe o intonare canzoni. “Per noi – ha raccontato una delle donne fuggite in Italia – è importante il rispetto, il perdono. Non condividiamo nulla con chi usa la violenza per imporre qualche cosa”.
E, ancora: “Viviamo da sempre con il terrore di essere scoperti. Abbiamo varcato per la prima volta la soglia di una chiesa qui in Italia, a Roma. Non c’è nessuna possibilità di pregare per noi, in Afghanistan. Per le donne, poi, neanche a parlarne”.