Non tutte le persone che guariscono dal Covid sviluppano anticorpi specifici contro il coronavirus, quindi per proteggersi da una futura reiezione. Ma sul perché ciò accada ora arrivano delle risposte dalla scienza. Si tratta di uno studio americano sui guariti che vede tra gli autori il dottor Weimin Liu, virologo dell’Università della Pennsylvania, pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC). In primis, è emerso che questo accade soprattutto ai soggetti più giovani, ma anche in quelle persone con basse cariche virali di Sars-CoV-2 nel tratto respiratorio. “In sintesi, abbiamo dimostrato che i pazienti con basse cariche virali di SARS-CoV-2 nel tratto respiratorio hanno meno probabilità di ottenere una risposta anticorpale sistemica”, osservano gli scienziati. La loro conclusione è semplice e chiara: la malattia clinica non garantisce la sieroconversione.
I ricercatori hanno esaminato dati demografici, clinici e di laboratorio di 72 persone senza trovare associazioni per razza-etnia, sesso e gravità dei sintomi. “Ma abbiamo osservato una tendenza all’aumento della positività anticorpale con l’aumento della gravità dei sintomi”. Non sono emerse differenze significative neppure tra i tipi di sintomi. Ma è emerso che “basse cariche virali nasofaringee sembrano insufficienti per suscitare una risposta anticorpale”.
GUARITI COVID E ANTICORPI: ALLARME IN USA
Da qui la conclusione che “le cariche virali nasofaringee rappresentano un importante correlato della risposta anticorpale sistemica, mentre l’età sembra avere solo un effetto minore”. Questo però ha implicazioni pratiche di non poco conto. Queste persone ad esempio restano inosservate negli studi di sieroprevalenza, compresi quelli sui vaccini che valutano la protezione dell’infezione asintomatica misurando gli anticorpi agli antigeni non inclusi nel vaccino. Ma questo è un problema anche in chiave vaccinazione, perché probabilmente questi soggetti rispondono in modo diverso. Gli studiosi hanno citato, ad esempio, ricerche da cui è emerso che le persone sieropositive hanno una buona risposta anticorpale dopo la prima dose di vaccino a mRna, ma non dopo la seconda, motivo per il quale si ritiene che una possa essere sufficiente. C’è poi un altro risvolto pratico tutt’altro che da sottovalutare. I guariti dal coronavirus, ignorando il fatto di avere o meno anticorpi, nella convinzione di essere protetti potrebbero essere meno inclini a vaccinarsi, anche con una sola dose.