«Il valore della dignità umana, precedente a ogni agire politico e a ogni decisione politica, rinvia al Creatore: soltanto Lui può stabilire valori che si fondano sull’essenza dell’uomo e che sono inviolabili. Che esistano valori che non sono modificabili da nessuno è la vera e propria garanzia della nostra libertà e della grandezza umana; la fede cristiana vede in ciò il mistero del Creatore e della condizione di immagine di Dio che egli ha conferito all’uomo»: iniziava così il volume di Joseph Ratzinger e Marcello Pera dal titolo “Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, Islam”, edito nel 2005 ma contenente già tutto quello che poi sarebbe esploso all’ennesima potenza negli anni a venire.
L’acuta profezia del Papa Emerito Benedetto XVI si “respira” in quella quotidianità del mondo contemporaneo oggi oggi descritta con tratti disperati dallo scrittore Marcello Veneziani su “La Verità”: «una società scivolata nella paura perché rifiuta di credere e di pensare», sottolinea l’autore nell’analizzare le ultime polemiche sulla pandemia (obbligo vaccinale, Green Pass) ma più in generale sulle problematiche del travaglio moderno umano. «Al di là della pandemia, siamo entrati da tempo nella società che non crede, che non pensa, che non sa, che non ama se non nella vita privata e ha perso fiducia nel mondo, nel futuro e nelle classi dirigenti», scrive ancora Veneziani identificando il punto nodale dell’intera trattazione sui problemi della quotidianità. Un tempo infatti si pensava che allontanando la “fede”, il “credere” si sarebbe giunti ad un pensiero autonomo, un mondo finalmente “libero” da ogni religione e credenza; insomma, si sarebbe sostituita la fede con la ragione.
“NON C’È LIBERTÀ SENZA FEDE”
Inutile ricordare come proprio sulla connessione intrecciata di ragione e fede si è permeato il pensiero di uno dei più fini pensatori e teologi della storia recente, proprio quel Benedetto XVI oggi rintracciabile nella peculiare descrizione che fece 20 anni prima del mondo odierno. «I santi sono stati rimpiazzati dai santoni», sferza ancora Veneziani su “La Verità”, «la nostra società che non crede è anche una società che non pensa, la nostra società che non ha più fede, religiosa o politica, è più esposta alla diffidenza e alla sfiducia nella ragione e nelle guide. Perduta la devozione popolare verso presunte superstizioni religiose si è esteso il buco nero dell’ignoranza, la scarsa voglia di approfondire, pensare criticamente, avere giudizi autonomi». Tutti pensano di sapere tutto e nessuno chiede, nessuno più domanda, nessuno più ammette di “non sapere”: non è solo un problema filosofico, è un problema prima di tutto umano e culturale. Veneziani cita Pietro Martinetti, non credente che pure riconosceva come la religione «è il vero cardine della vita e la vita morale non ha termine e consistenza vera che nella coscienza religiosa». Non vi è libertà, non vi è reale vita senza fede: da qui l’appello finale di Marcello Veneziani al pensiero moderno, alla filosofia da venire, «ripensare la società come un organismo spirituale e la filosofia in rapporto al sacro e al destino, in un cammino che intreccia il credere col pensare, il conoscere con l’amare».