Secondo i sondaggi di Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos, l’indice di fiducia degli italiani è cresciuto di 10 punti, da 37 a 46,4, nel giro di un anno, la campagna vaccinale viene promossa dal 65%, mentre a favore del green pass si schierano sei cittadini su dieci. Il rischio di perdere il proprio posto di lavoro, invece, resta ancora oggi il timore principale (la pensa così il 54%). Il 56% approva il governo Draghi, che come leader raccoglie il 61% di gradimento. Ma in vista delle sfide d’autunno, visto che il Recovery da solo non basta, gli italiani avanzano alcune priorità, come gli investimenti nella sanità (41%), il taglio delle tasse (40%) e lo snellimento della burocrazia (36%). Così Risso fotografa il sentiment nazionale in vista della ripresa.
Dopo il rientro dalle ferie, con quanta fiducia o apprensione guardano al futuro prossimo venturo gli italiani?
L’animus del Paese è come un pendolo.
Che cosa lo fa oscillare?
Oscilla tra una sensazione di ripresa e la paura di perdere il lavoro.
Che cosa lascia intravvedere il trend dell’indice di fiducia?
Nell’ultimo anno è cresciuto molto: ad agosto 2020 l’indice medio di fiducia in Italia era pari a 37 punti su 100, oggi siamo a 46,4, quasi 10 punti in più. Non solo: questo livello è superiore di cinque punti e mezzo rispetto a gennaio 2020, cioè appena prima che scoppiasse l’emergenza Covid. Un bel segnale di miglioramento della condizione complessiva.
Che cosa ha determinato questa spinta verso l’alto?
Sicuramente, da un lato, la sensazione generale di un calo della virulenza della pandemia e, dall’altro, i fondi del Recovery che stanno arrivando, perché vengono percepiti come un’opportunità del paese per guardare al futuro all’insegna della ripresa dopo un anno e mezzo complesso, contrassegnato da difficoltà e fatiche.
Che cosa invece preoccupa di più gli italiani? Quali sono le zavorre maggiori?
Il vero killer della fiducia degli italiani è senza dubbio la paura di perdere il posto di lavoro. Su 25 paesi monitorati da Ipsos, l’Italia è al terzo posto fra quelli che più temono per l’occupazione, ci superano solo Sudafrica e Spagna.
Tradotto in numeri?
Il 54% degli italiani teme per il proprio posto di lavoro. Solo per avere un termine di paragone, in Germania la paura è al 10%, in Gran Bretagna al 16%, in Francia al 22%.
A pesare di più è lo sblocco dei licenziamenti o i numerosi tavoli di crisi ancora aperti?
La paura pesca soprattutto nel senso di incertezza, di disagio, di allarme legati al fatto che ci sono segmenti del mondo imprenditoriale che possono utilizzare questa situazione per procedere a licenziamenti o ristrutturazioni selvagge, andando magari un po’ oltre quelle che possono essere le singole necessità.
Che cosa si aspettano allora gli italiani dal governo e dal mondo imprenditoriale?
L’opinione pubblica è abbastanza cosciente che il Recovery da solo non basta, che il governo sta facendo molto, ma che ci devono mettere maggiore impegno e maggiore responsabilità anche le imprese, perché siano attente non solo al profitto, ma anche all’ambiente e alle persone. Si aspettano un paese che si riconosca come una comunità, che cerca più la coesione che la divisione e le fratture e in cui ciascuno è pronto a rinunciare a qualcosa pur di rimettere in moto l’economia.
Vogliono più coesione anche a livello politico? Le fibrillazioni e le liti tra i partiti che lo sostengono incidono in qualche misura sul gradimento del governo Draghi?
Complessivamente il governo mantiene un livello di giudizio e di fiducia ampiamente positivo: in una scala da 1 a 10, il 56% degli italiani esprime una promozione, assegnando un voto dal 6 al 10, in un trend sostanzialmente stabile.
Quindi piace agli italiani come sta operando?
Se guardiamo ai singoli ambiti dell’operatività del governo, emerge una pagella con giudizi molto differenti.
In che senso?
Vengono promossi, con voti da 6 a 10 espressi almeno dal 50% degli italiani, soprattutto tre ambiti: Salute (54%), Cultura (51%) e Rapporti Stato-Regioni (50%). E anche lo Sviluppo economico raccoglie il 49% di buoni voti.
Le bocciature?
Il Sud (29%), le Politiche per i giovani (31%), l’immigrazione e le diseguaglianze sociali (entrambe al 34%).
E il premier Draghi?
A promuoverlo è il 61%.
Nell’ultima conferenza stampa, secondo molti osservatori, Draghi ha sfoderato gli artigli, soprattutto su green pass, obbligo vaccinale e terza dose. È un decisionismo che convince gli italiani?
In questo momento l’Italia avverte il bisogno di avere una persona che abbia mano sicura nel guidare il paese. Ma bisogna saper distinguere tra mano sicura, che resta un atteggiamento aperto all’ascolto, e pugno di ferro.
A proposito di obbligo di vaccinazione ed estensione del green pass, come la pensano gli italiani?
Partiamo dal green pass. L’opinione pubblica è maggioritariamente schierata a favore con il 61, ma il 39% si suddivide tra una quota decisamente contraria, pari al 28%, mentre il restante 11% non sa prendere posizione.
Questi numeri che cosa ci dicono?
Che più di un terzo del paese o è manifestamente contro o comunque non è stato ancora conquistato dal green pass. Quindi non ci troviamo di fronte solo a una minoranza rumorosa, che quindi va gestita, e a una società civile non ostile al green pass. La questione è complessa, occorre essere attenti a sviluppare un dibattito pubblico, non solo a prendere decisioni su questa. Ecco un esempio di cosa vuol dire avere mano sicura o pugno di ferro.
Gli italiani sono soddisfatti o delusi di come il governo sta affrontando la pandemia?
Nei confronti della pandemia permane una sorta di effetto pandemia, in base al quale solo il 32% avverte il Covid come una minaccia elevata per sé e il 58% come una minaccia per il paese. Questo effetto presbiopia è importante, perché fa capire che finora non siamo riusciti a far capire che il Covid è una minaccia per le singole persone. E questo spiega una certa difficoltà da parte dei singoli ad accettare una maggiore attenzione nei comportamenti.
Che giudizio emerge sulla campagna vaccinale?
Promossa a pieni voti dal 65% e solo il 15% dà un giudizio negativo.
Torniamo ai temi economici, visto che si avvicinano scadenze importanti. Per gli italiani il Recovery fund non basta. Che cosa vorrebbero in più?
Tra le priorità figurano l’aumento degli investimenti nella sanità, lo chiede il 41% degli italiani, il taglio delle tasse (40%), snellire la burocrazia (36%), impegno contro i cambiamenti climatici (34%) e poi la triade sociale: difesa dei posti di lavoro (29%), riduzione delle diseguaglianze (28%) e lotta contro la povertà (27%). Senza dimenticare l’esigenza di creare start up e nuove imprese per creare nuova occupazione (24%).
Quali sono le aspettative verso l’Europa?
Gli italiani si aspettano la lotta ai cambiamenti climatici (50%), lo sviluppo di un’economia che sia al servizio delle persone, premiando le imprese che si danno da fare su questo fronte (oltre il 40%), la sicurezza (40%). Poi ci sono due grandi sfide: l’equità sociale (38%) e l’immigrazione (27%).
Sono iniziate le prime manovre in vista dell’elezione del Capo dello Stato. Qual è oggi il gradimento del presidente Mattarella?
Resta sempre elevato, al 54%, è un dato costante ed è aumentato nel corso del tempo. La Presidenza della Repubblica è una delle figure istituzionali che raccoglie la maggior fiducia.
A meno di un mese dalle elezioni amministrative, come si presenta la griglia delle intenzioni di voto degli italiani? Chi sale e chi scende?
Nel centrodestra notiamo due partiti in salute: la Lega, che resta al primo posto con un 20,5-21,6%, e Fratelli d’Italia, che oscilla tra il 18,7% e un 19,3%, mentre Forza Italia si muove in un range tra il 7,7 e l’8%. Comunque il centrodestra conquista il 50% circa dell’elettorato con un gradimento robusto e sostanzialmente stabile, al cui interno un 30% dell’elettorato che può votare tranquillamente, a seconda dei momenti come in un movimento a pendolo, o per Salvini o per la Meloni, perché trova Lega e FdI molto simili.
Nel centrosinistra?
La situazione è molto più frammentata e statica. Il Pd è statico da tempo sull’oscillazione tra il 19,5% e il 20%, sotto quindi di due punti rispetto alle Europee, mentre tra le formazioni minori si registrano cambiamenti dello zero virgola: cala un po’ l’appeal per Azione di Calenda, oggi al 2%, e si nota una lieve ripresa di Italia Viva di Renzi (2,3%).
Il M5s sta beneficiando dell’effetto Conte?
Dopo essere sceso sotto il 14%, con Conte ha registrato una leggera ripresa e adesso è attorno tra il 15,9% e il 16,8%, anch’esso sotto la soglia delle Europee e ancora sideralmente lontano dal risultato delle politiche 2018.
Un’ultima domanda: le vicende afghane che impatto hanno avuto sugli italiani?
Da un punto di vista umanitario, accentuano una certa disponibilità in alcuni segmenti dell’opinione pubblica all’accoglienza, aprono a una maggiore disponibilità, sempre comunque calmierata, perché l’immigrazione resta un tasto molto dolente nel nostro paese. Dal punto di vista politico, gli italiani apprezzano l’attivismo del nostro governo, impegnato in prima persona nella ricerca di una soluzione. Detto questo, l’Afghanistan non sposta un voto.
(Marco Biscella)
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