Matteo Maria Zuppi, arcivescovo cardinale di Bologna, lunedì 30 agosto ha fatto visita all’“Imprevisto” di Pesaro (organizzazione non profit che attraverso comunità e centri accoglie e cura giovani in difficoltà), insieme all’arcivescovo di Pesaro mons. Piero Coccia.
L’occasione era fornita dai trent’anni (più uno) di attività. È stato dunque allestito un momento di festa e di riflessione. Le testimonianze di alcuni ragazzi e genitori, vecchi e nuovi, e anche quella del cardinale che ha chiuso l’incontro, si sono svolte intorno ad un tema offerto da una frase tratta dal Macbeth di Shakespeare: “Date parole al dolore: il dolore che non parla bisbiglia al cuore sovraccarico e gli ordina di spezzarsi”.
Da parte mia ho voluto ringraziare i tanti intervenuti perché sicuramente l’aiuto più grande che ci hanno dato nei bellissimi e lunghi anni della nostra attività è stato quello che ci ha consentito e spronato alla fedeltà. Alla fedeltà ad un impeto, ad un entusiasmo, perché il nostro cuore ha sempre cercato una misura senza misura. Stando con i ragazzi, provando ad accoglierli e ad aiutarli, ci ha sempre animato la ricerca, la certezza di una bellezza e di una grandezza per la vita di ogni uomo.
Forse è per questo che allora ci siamo messi con gli ultimi, con gli sfortunati. Sì, abbiamo potuto vedere e incontrare che c’è una speranza, una bellezza, una grandezza senza fine, e questo vale soprattutto per i più bisognosi, per i più abbandonati, per i più svantaggiati. Se ci arrivano questi ci arriviamo tutti. Il miracolo più grande è sempre quando i poveri, gli ultimi possono diventare i primi.
Nel corso dell’intera esperienza vissuta insieme ai ragazzi la realtà più preziosa è stata – ed è ancora – cercare, scoprire, guardare la dignità dell’uomo, il valore della persona. Quanto mistero vive nel cuore dell’uomo e, in particolare, nel cuore del piccolo, del giovane, del ragazzo, nel cuore di chi ha sbagliato, di chi non è riuscito. Che struggimento erompe nelle pieghe di un’attesa buona terminata nel male, nell’impotenza (come dicono sempre i genitori dei ragazzi).
E poi non posso tacere della drammaticità e dell’urgenza in cui versa la questione giovanile – la cosiddetta emergenza educativa – del nostro paese. Non per fare inutili classifiche, ma i poveri più poveri sono davvero i giovani (il campo profughi più vasto e drammatico del mondo) perché chi non sa perché si è capitati sulla terra e perché si vive, è povero, è miseramente, sconfinatamente, sconsolatamente povero.
Insomma: “Innalzare gli umili per confondere i potenti”, questo è stato il nostro lavoro con i tantissimi ragazzi che sono passati. Ma il potente, il superbo, il ricco posso essere io, possiamo essere noi educatori! Ecco allora che la grande questione, il passo buono e giusto che è all’inizio di ogni rapporto educativo e terapeutico è quello che porta a pensare che il più povero, il più bisognoso sono sempre io, siamo sempre noi adulti, educatori.
Infine desideriamo, insieme ai ragazzi continuare ad essere – se ne siamo fatti degni e se siamo capaci – testimoni che il bene è sempre più grande di qualsiasi grande male.
Le testimonianze dei ragazzi e gli interventi del Cardinale di Bologna e dell’Arcivescovo di Pesaro sono reperibili nel sito de l’Imprevisto e nel nostro canale YouTube.
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