Di questi tempi le mezze buone notizie bisogna cercarle col lumicino, a forza, distogliendo per un attimo lo sguardo sdegnato dalle donne velate di Kabul, dai corpi martoriati dei giornalisti afghani dopo le torture; dalla follia disumana di una fiera dei bebè, ora a Parigi, prossimamente nella Milano di San Carlo, uno spot indegno all’utero in affitto che spero rimorda al sindaco in campagna elettorale.
Parrebbe un capitolo agghiacciante di un romanzo di fantascienza, di quelli che ti lasciano l’angoscia nel cuore. Per questo, leggere che tutto sommato l’erba è ancora verde, per parafrasare Chesterton, consola. Affiggere il crocefisso in aula non è discriminatorio. L’avremmo sempre pensato, e invece ha dovuto spendere tempo la Cassazione, con una sentenza depositata ieri.
C’era stata la denuncia del solito docente che si sente offeso dall’esposizione di un segno, per chi crede, di un simbolo, per chi non crede, “a cui si legano l’esperienza di una comunità e la tradizione vissuta di un popolo”. Parole sante. Eppure c’è voluta una delibera a maggioranza dell’assemblea di classe degli studenti, contraria alla richiesta del professore, che vedeva lesa la sua libertà di opinione ad insegnare in una classe con la croce cristiana. E comunque la Corte stessa ha redarguito il preside dell’istituto, che alle rimostranze del prof testa calda aveva semplicemente ordinato di riappendere il crocefisso. “Non è conforme al modello di una comunità scolastica dialogante”.
C’è da chiedersi se valga la pena fare il preside, prendersi tutte le grane senza poter decidere nemmeno le cose più semplici. Senza poter derogare dalla dittatura del politically correct, che esalta e si piega alle minoranze a scapito delle maggioranze. Non a caso la politica si lacera sul ddl Zan, che riguarda violenze e abusi già sanzionabili dalle leggi attuali, ma in numero limitato, benché siano odiosi. E non a caso Sala ammutolisce alla richiesta del mercato di uteri e bambini, per non essere tacciato di discriminare una minoranza che vede un figlio alla stregua di una macchina o un cane. Tout se tient, a saper ben guardare.
Tocca ricordare lo slancio coraggioso di Natalia Ginzburg, grande scrittrice di sinistra, quando la sinistra faceva la sinistra, e il suo appello accorato a non togliere dalle aule scolastiche e dagli uffici pubblici il segno interrogante del dolore estremo dell’uomo. Il crocefisso non può far male. “Il crocefisso non genera nessuna discriminazione. Tace. È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino”. Correva l’anno 1988. Siamo tornati indietro.
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