Lo insegna la storia di Silvio Berlusconi, la pubblicità e la tv sono un “veicolo” per far passare concetti, mode, novità e, perché no, anche ideologie. La vecchia storia della propaganda nei regimi del resto parte proprio dall’utilizzo dell’immagine per fini politici: ecco, il disegno di legge presentato nel 2018 (ma discusso in questi giorni alla Commissione Affari Costituzionali al Senato) dalle prime firmatarie del Pd Monica Cirinnà e Valeria Valente sulle regole per gli spot in tv potrebbe celare un rischio non da poco.
Il ddl Cirinnà è intitolato “Misure per la protezione dei minori e per la tutela della dignità della donna nella pubblicità e nei mezzi di comunicazione”: si tratta, in sostanza, di regolamentare la realizzazione degli spot in tv e simili per impedire «l’uso spregiudicato, volgare, stereotipato e offensivo dell’immagine della donna nella pubblicità, in particolare nei manifesti e negli spot». Non solo, per i senatori del Partito Democratico con questo disegno di legge si cerca di mettere fine «alla intollerabile realizzazione e circolazione di materiale pubblicitario che svilisce la donna nella sua dignità, alimentando, anche per questa via, una spirale di disprezzo che non può certo ritenersi estranea al dilagare dei fenomeni di sopraffazione e violenza contro le donne». Fin qui, si tratta di un manifesto femminista in difesa della donna contro lo sfruttamento capitalista del corpo femminile: direte, nulla di male. Vero, ma andiamo avanti.
IL DECALOGO DEM SUGLI SPOT “GIUSTI” (OVVERO QUELLI CHE PIACCIONO A LORO)
Ecco che dunque si legge, riportato oggi da “La Verità” nell’articolo-denuncia di Francesco Borgonovo, il seguito inquietante di questo ddl: «altro delicato nucleo di “imposizione” di stereotipi distorsivi della realtà […] è l’immagine della famiglia». Per stereotipi si intende, secondo i senatori Pd, i risultati di uno studio condotto dalla “Terres des Hommes” citato nel ddl, «su studenti delle scuole medie milanesi, è emerso che la famiglia, come istituzione sociale, è recepita e rappresentata dagli adolescenti intervistati come luogo sostanzialmente esente da violenza». Ed eccoci qui al nodo: la famiglia è uno stereotipo che non dovrebbe più essere rappresentato negli spot tv, non solo, non dovrebbe essere rappresentata come luogo «di non violenza», perché sarebbe «distorsivo» della realtà. Ribaltando l’assunto che sottende l’ideologia del ddl, la pubblicità dovrebbe invece dare l’impressione che la famiglia “naturale” sia una istituzione oppressiva, patriarcale e anti-donne. Come “La Verità”, viene anche a noi da chiedersi se abbiano mai visto gli spot pubblicitari degli ultimi anni: ambiente, anti-razzismo, gender, diritti LGBT e quant’altro. Non che sia un problema in sé, ma se si vuole contrastare l’ideologia familiare negli spot occorrere magari vedere quali siano ad oggi le pubblicità “giuste” che vengono propugnate, e poi magari riparlarne. Il ddl Cirinnà ci sembra più un decalogo che servirebbe a definire cosa è giusto e cosa è cattivo, con l’incedibile scoperta che il “giusto” è sempre quello che piace a chi lo propone. Stranamente.