Dal 15 ottobre l’Italia diventerà una Repubblica fondata sul lavoro di chi ha il green pass. Il certificato sarà obbligatorio anche per tutti i lavoratori, pubblici e privati, dipendenti e autonomi, non più solo per il personale della scuola e della sanità. Si sapeva che si sarebbe arrivati a questo punto, ieri è arrivata la conferma prima della cabina di regia e poi dal Consiglio dei ministri. L’obbligo viene esteso agli uffici ministeriali, al personale degli enti locali e previdenziali, ad autorità e agenzie di Stato, forze armate, forze dell’ordine, uffici giudiziari. Nel settore privato la misura riguarda circa 15 milioni di persone, delle quali al momento pare che 4 milioni non siano vaccinate.
Ne saranno interessati anche i professionisti, gli artigiani, i negozianti, le colf. Saranno così cancellate le disparità di trattamento che tanti interrogativi avevano sollevato nelle settimane scorse: perché i passeggeri dei mezzi pubblici sì e i macchinisti no? Perché l’infermiere sì e il carabiniere no? Perché l’anziano fragile sì e la sua badante no? Ora la nostra Repubblica fondata sull’invidia sociale e sui talk-show avrà un argomento in meno per accapigliarsi. Discoteche e luoghi di divertimento restano chiusi. In pratica, quasi soltanto le chiese rimangono zona franca. Ma non è detto che qualcuno non vada all’assalto della Cei domandando perché i cinema sì e le messe no.
Sono confermati i prezzi politici per i tamponi che dovranno essere effettuati da chi rifiuta il vaccino: 8 euro per i minorenni, 15 per i maggiorenni, 22 per gli stranieri, gratis per chi ha un’esenzione. Costoro però restano una minoranza risicata vista la renitenza dei medici di base ad assumersi la responsabilità di esimere qualcuno dalla doppia dose. Chi non ha il green pass, in caso di controllo non rischia solo la sospensione dal lavoro (non la perdita) e dallo stipendio, ma anche una supermulta che andrà da 600 a 1.500 euro. Le verifiche saranno compiute da personale addetto con un’app sul modello di quella usata nelle scuole.
La prova di forza di Mario Draghi è dunque andata in porto. L’Italia avrà un super green pass che nessun altro in Europa, e forse nel mondo, ha ancora introdotto. Di fatto, è un obbligo di vaccinazione sotto mentite spoglie. E probabilmente è proprio questa la ragione per cui l’estensione del certificato vaccinale entrerà in vigore tra un mese: per dare cioè la possibilità di farsi immunizzare almeno con la prima dose a tutti coloro che ancora non l’hanno fatto.
Resta comunque strano un decreto legge – che viene approvato con voto di fiducia per mettere in riga i riottosi, quindi con un surplus di “necessità e urgenza” – il quale però dispiega i suoi effetti con tutta calma. Altra stranezza è che stavolta, a differenza che in passato, il premier non ci ha messo la faccia. Ha lasciato che la conferenza stampa in cui sono state presentate le nuove misure fosse lasciata ai ministri, quasi si trattasse di una comunicazione tecnica e non di una forte scelta politica che distingue l’Italia da tutte le democrazie (e monarchie) del mondo. Dopo questo giro di vite, se ripartisse una nuova ondata di contagi, al governo Draghi non resteranno altre armi che quelle usate dal governo Conte, cioè le chiusure. A quel punto, forse, si aprirebbe una nuova partita.
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