Arrigo Cavallina, terrorista fondatore dei Pac (Proletari armati per il comunismo), gruppo nel quale arruolò anche Cesare Battisti, ha rilasciato un’intervista al quotidiano “La Verità”, pubblicata sull’edizione in edicola oggi, sabato 18 settembre 2021. Senza aver mai partecipato ad azioni di sangue, ricordano i colleghi, Cavallina detiene il primato di carcerazione preventiva, 11 anni dei 22 comminati, poi ridotti a 12 per indulto e buona condotta.
L’uomo ha dichiarato che, inizialmente, non amava sentirsi definire ‘terrorista’, perché “il terrorismo colpisce vittime indiscriminate, come nei casi delle bombe di piazza Fontana, di piazza della Loggia o dell’Italicus. Poi il termine è entrato nell’uso comune, perciò ho accettato di definirmi terrorista o ex terrorista. Il passato non è definito dal fatto di essere stato terrorista e, nel mio caso, ancor meno assassino, non avendo mai ucciso. La persona ha una sua complessità. Perciò non sono d’accordo nel dire che una persona è un terrorista, e basta. Quella persona è quella cosa, ma è anche quell’altra e quell’altra ancora”.
ARRIGO CAVALLINA: “DA CESARE BATTISTI A PIERLUIGI TORREGIANI…”
Ai Pac fondati da Cavallina si aggregò Cesare Battisti, che l’intervistato ricorda come un ragazzo con la voglia di cambiare le cose, che soffiava nell’area comunista e “conosciuto nel carcere di Udine. Successivamente, venne a chiedermi d’imboscarlo, perché era ricercato. Lo aiutai e ci frequentammo, finché aderì alla banda nascente orientata ad azioni contro il sistema carcerario”. L’omicidio di Pierluigi Torregiani, invece, è un atto che Cavallina ricorda con grande vergogna: “Noi pensavamo che una fascia di emarginati che rifiutavano la legalità, criminali dunque, fosse potenzialmente vicina alle nostre istanze. Si volevano colpire le persone che, come Torregiani e Lino Sabbadin, avevano osato difendersi dai rapinatori, nostri alleati in carcere. Era una mostruosità, con la quale non c’entro perché avevo già lasciato i Pac”.
Arrigo Cavallina si allontanò dai Pac quando rubarono delle armi e vide alcuni dei suoi militanti giocarci
felici. Oggi, è profondamente pentito: “Quando mi chiedevo che cosa c’è all’origine del mostro, di quello che non mi andava di me stesso, l’ideologia era la risposta”. Poi, un rimando all’incontro tra Giovanni Paolo II e Ali Agca: “Ciò che Giovanni Paolo II ha fatto e detto è stato importantissimo per me. Nel discorso ai detenuti di Rebibbia il Papa affermò la dignità compiuta di ogni persona. Fu sconvolgente: per gran parte della magistratura e del sistema carcerario noi coincidevamo con i nostri reati”.