Matteo Munaretto, profondo conoscitore dell’opera di Rebora e Luzi, ha già pubblicato per Interlinea due importanti libri di poesia: Arde nel verde (2010, con prefazione di Fernando Bandini) e Il cielo è dei leggeri (2016), già recensito su queste pagine. Ora il viaggio poetico dell’autore continua con i Preparativi per l’arca, recentemente uscito nella collana “Fabula” per i tipi di Moretti & Vitali.
Colpisce ancora una volta la scelta di questo poeta di affidarsi – in un’impresa per certi versi controcorrente rispetto a molti esiti della poesia contemporanea – ad una speranza agonica e luziana ancora capace di custodire un bene a lungo atteso e promesso: “Fummo interi / nel nostro lavoro e sereni. / Il sole era alto sulla terra. / Chi avrebbe creduto a quest’opera? / Assi strette inchiodate, / lavorate con tenacia: / un’arca all’asciutto per superare / la contumacia del male, / una zattera per vincere l’abisso, / tornare a casa” (p. 13). Il viaggio intrapreso attraverso “il mare delle cose vere” si svolge a bordo di un’arca salvifica ancora capace di proteggere “le cose amate” dalla tempesta del caos, come ricorda Marco Vitale nel risvolto di copertina: “L’Arca è lì, nella solidità della sua ingegneria e dell’amore che la muove; lì è la zattera degli esuli che hanno in sorte di sfidare il destino. Ma anche di toccare terra, dove carico di anni attende il padre”.
Attesa e nostos sono le parole chiave di questo itinerario in cui si affacciano figure paterne e familiari: Odisseo, Laerte, Noè, a segnare i passi di un cammino verso una paradisiaca terra promessa fatta di “cieli nuovi” e “terra nuova”. Ma i versi luminosi ed esatti di Munaretto sanno anche cantare con precisione l’avvenimento incessante della creazione, in uno sguardo incendiato – per grazia d’amore – che sa spalancarsi alla visione: “Voi non vedete, / non amate. / Non vedete la radianza di ogni forma, / non vedete il linguaggio / che corre fra di loro, il numero l’ordine / il peso / celeste dei corpi, il pulviscolo / mobilissimo, / la sabbia di luce che tintinna / in circoli, in continue infiorescenze” (p. 65).
Vedere e amare sono i due verbi fondamentali di questi nuovi Preparativi, attraversati da un fuoco che per ardore brucia e incenerisce ogni scoria per rivelare il nucleo segreto, la vita autentica. In un’estate per un attimo quasi eterna una luce sfolgorante incendia tutto: spazio e tempo, corpo, realtà e linguaggio. È una luce ustionante e metafisica in cui ogni cosa risplende, si prepara a rivelare il proprio oltre. Perché tutto possa finalmente spalancarsi a una nuova vita:
E adesso brucia tu,
estate dei miei anni,
brucia tutto
il corpo che granisce
che ha dato le sue forze goccia a goccia –
non ancora
libero ma già
attraversato dall’azzurro –
goccia a goccia
ai figli e alle sementi,
le parole
che hanno bussato al petto da bambino
splenderanno più forti degli errori.
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