I virologi potranno comparire in tv per commentare l’emergenza sanitaria connessa alla pandemia di Coronavirus soltanto se autorizzati dalla struttura sanitaria: è quanto prevede un ordine del giorno firmato da Giorgio Trizzino (Gruppo Misto, ex Movimento Cinque Stelle) al decreto legge Green Pass, accolto dal Governo. Una decisione politica che, chiaramente, ha scatenato l’ira dei medici che in questi mesi hanno effettuato innumerevoli apparizioni televisive per descrivere la situazione nel dettaglio, giorno per giorno, e per provare a rassicurare e dare consigli utili agli italiani, completamente spiazzati di fronte al mostro SARS-CoV-2.
“Non si può mettere un bavaglio a medici e professori che parlano sui media di come evolve una malattia infettiva, perché, fino a prova contraria, siamo in uno Stato democratico – ha asserito Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie Infettive dell’ospedale ‘San Martino’ di Genova –. Limitare la libertà di parlare sarebbe gravissimo, scandaloso, questo è fascismo. Sarebbe una norma che rasenta la stupidità, il ridicolo”. Affermazioni alle quali hanno fatto eco quelle di Fabrizio Pregliasco: “L’attacco ai professionisti sanitari che parlano con i media è incomprensibile e inconcludente”.
VIROLOGI IN TV SOLO SU AUTORIZZAZIONE? LA RIVOLTA DEL MONDO DELLA SCIENZA
Massimo Galli non ha fatto troppo ricorso alla retorica, come si evince sulle colonne del “Corriere della Sera”, sulle quali parla di “uscita peregrina. Fa specie che un professionista abbia da subire una censura preventiva nell’esprimere un’opinione o su una spiegazione tecnica sul Coronavirus. Questo è un bavaglio”. Dello stesso avviso Massimo Andreoni, primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma: “Io, se invitato, vado in televisione o in radio a parlare di quello che conosco e se devo chiedere l’autorizzazione alla mia struttura lo faccio. Pensare di mettere dei vincoli alla voce della scienza o di limitarla è preistoria”.
Andrea Crisanti, professore di Microbiologia e Microbiologia Clinica all’Università di Padova, ai microfoni di “Un giorno da pecora” su Radio Uno ha definito questo quadro che si sta delineando “una buffonata. Quest’idea è venuta dopo una visita in Corea del Nord. Forse non si sa che non si possono fare leggi ad personam o per determinate categorie. Voglio essere chiaro: è una buffonata”.