In fondo ai corridoi si aprono le porte su Aruba, Maldive, Mauritius, Seychelles, Repubblica Dominicana, Egitto (ma solo per Sharm El Sheikh e Marsa Alam). I corridoi, ovviamente, sono quelli turistici “Covid free”, sdoganati dall’ordinanza del ministro alla Salute Roberto Speranza e subordinati a una serie di misure precauzionali (certificazioni, tamponi e via dicendo) già ricordate su queste pagine. Sono tutte mete riammesse, in “via sperimentale”, per soddisfare i vacanzieri invernali, tra Oceano Indiano e Caraibi, anche se non si sa bene perché Aruba sì e le altre ex Antille Olandesi no (le famose ABC, appunto Aruba, Bonaire e Curaçao). Comunque, è un primo passo, in attesa di un via libera più ecumenico, come sottolinea una nota congiunta di Fto – Federazione Turismo Organizzato di Confcommercio, Aidit Federturismo Confindustria, ASTOI Confindustria Viaggi, Assoviaggi Confesercenti, Fiavet Confcommercio, Ibar e Maavi Conflavoro.
“Accogliamo con favore il segnale positivo sui corridoi turistici Covid-free: adesso bisogna fare in modo che questo sia solo un primo passo verso la rapida riapertura complessiva delle mete extra Ue dove è possibile da subito viaggiare in sicurezza, come previsto in altri paesi dell’Unione europea”. “Come tour operator, agenti di viaggio e professionisti del turismo – proseguono le rappresentanze – faremo il massimo per ottemperare alle prescrizioni e, sulla base delle prime risposte dei nostri clienti e della loro applicabilità, ci riserviamo di proporre miglioramenti nel tavolo tecnico di monitoraggio istituito presso il ministero della Salute. D’altronde la sicurezza dei clienti è da sempre in cima alle nostre priorità. Tuttavia non sarà la piccola lista di destinazioni sbloccate in queste ore a risolvere i nostri problemi. Ci vorrà ben altro per consentirci di limitare i danni in un 2021 che finora è peggiore persino del 2020 e che mette a rischio 40mila lavoratori del turismo organizzato italiano, un comparto che nella normalità lavora 12 mesi all’anno e non solo nei periodi di vacanza”.
Se agenzie e TO possono tirare un sospiro di sollievo, continua invece l’apnea per l’industria dei congressi e degli eventi aziendali, che continua a chiedere che la capienza di sale meeting, location per eventi e centri congressi sia portata all’80%, la medesima percentuale che è stata approvata dal Cts per cinema e teatri. “Considerata l’evoluzione positiva del quadro epidemiologico e che ormai cinema e teatri potranno contenere molte più persone e che anche i musei riapriranno con capienza al 100% – ha detto la presidente di Federturismo Confindustria Marina Lalli – non ci capacitiamo del perché per le sale congressi e le location per eventi che si sono sempre attenute al rispetto dei rigidi protocolli non sia riservato lo stesso trattamento. L’event industry è uno dei comparti che ha maggiormente sofferto durante la pandemia e che nel rispetto delle norme di sicurezza ha tutto il diritto, come gli altri settori, di tornare ad una nuova normalità e di ripartire”.
“Le imprese dei congressi e degli eventi aziendali – ha aggiunto Alessandra Albarelli, presidente di Federcongressi&eventi – hanno dovuto affrontare uno stop durato oltre un anno e ora stanno affrontando una difficile ripresa. Portare la capienza dei nostri spazi all’80% è fondamentale per incentivare aziende e associazioni a continuare a investire negli eventi e nei congressi. I centri congressi e le location per eventi sono luoghi di lavoro sicuri: adottiamo protocolli rigorosi e, come associazione di settore, abbiamo anche redatto il documento di valutazione del rischio biologico in sede di Evento-DVRE diventato prassi UNI”.
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