La riforma del Mes torna improvvisamente di moda. Dopo un lancio dell’agenzia Ansa della settimana scorsa, nel quale si affermava che un alto funzionario dell’Unione Europea ha spiegato che “l’Eurogruppo si attende che l’Italia ratifichi la riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) entro la fine del 2021 come si è impegnata a fare con i partner europei”, sull’edizione in edicola oggi è il quotidiano “La Verità” ad approfondire l’argomento, ricordando innanzitutto che il processo per una riforma di tale trattato intergovernativo ebbe inizio, a livello di Eurogruppo, già nell’ottobre 2017 durante il governo del presidente Paolo Gentiloni e visse i suoi momenti chiave durante il doppio mandato di Conte, fino a quando, nell’Eurogruppo del 30 novembre 2020, l’ex ministro Gualtieri definì l’accordo politico sugli ultimi dettagli.
“Da allora – si legge nel servizio – è partito il conto alla rovescia della ratifica da parte dei rispettivi Parlamenti nazionali, necessaria per la piena efficacia dell’accordo. Giova ricordare che […] dopo quasi dieci anni, tutto questo strumentario si è dimostrato essere – per stessa ammissione di coloro che lo progettarono e resero esecutivo – la causa principale della seconda recessione italiana del 2012-2013″. In questo arco temporale, il Mes si è rivelato propedeutico al prestito di circa 90 miliardi di euro a Irlanda, Spagna, Grecia, Portogallo e Cipro, Stati attualmente soggetti a programma di sorveglianza.
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RIFORMA DEL MES: COSA SUCCEDERÀ?
Con l’avvento del Coronavirus, poi, sottolinea ancora “La Verità”, nessun Paese “si è nemmeno sognato di richiedere il prestito pandemico, affannosamente messo a punto dall’Eurogruppo tra aprile e maggio 2020 e reso disponibile dal 1° giugno successivo, fino a un massimo del 2% del Pil del Paese richiedente”. Ma se nessuno ha voluto farvi ricorso, un quesito sorge spontaneo: a cosa serve questo testo riformato, prossimo alla ratifica?
La risposta giunge ancora dalle colonne del quotidiano sopra menzionato: esso costituirà, dal 1° gennaio 2022, il paracadute per il fondo di risoluzione unico delle crisi bancarie. Detto in altri termini, si tratta di “un prestito di circa 55 miliardi a cui il fondo potrebbe attingere qualora, dovendo intervenire per risolvere una grande crisi bancaria, esaurisse la propria dotazione (altri 60 miliardi circa)”. Solo che c’è un “però”: il Mes riformato condurrebbe alla ridefinizione delle due linee di prestito a favore degli Stati membri, ovvero quella precauzionale (Pccl) e quella di emergenza (Eccl). Viste le condizioni di solidità economica richieste, l’Italia sarebbe quindi “spedita alla Eccl, con conseguente programma di aggiustamento macroeconomico alla greca”.