Dopo mesi di campagna vaccinale anti-Covid19 in Italia, e all’inizio della somministrazione della terza dose, il dibattito sull’efficacia dei vaccini (sempre acceso in questi giorni) ha bisogno di elementi obiettivi e di dati empirici affidabili. Vediamo di leggerne insieme alcuni che ci sembrano maggiormente significativi.
Per quel che concerne il nostro paese una fonte preziosa è rappresentata dagli studi effettuati dall’Istituto Superiore di Sanità, il quale aggiorna continuamente la sua dashboard consultabile online. Su tale sito, un recente rapporto (pubblicato il 17 settembre) rende noto l’esito di alcuni studi sull’efficacia della vaccinazione incompleta (una sola dose) e di quella completa (due dosi o vaccino monodose) rispetto a 4 categorie di individui colpiti dal virus Sars-Cov-2: i) gli infetti; ii) gli ospedalizzati; iii) i ricoverati in terapia intensiva; iv) i deceduti.
Per quel che riguarda la probabilità di infettarsi, l’efficacia di una vaccinazione incompleta rispetto ai non vaccinati è del 63,1%, mentre quella della vaccinazione completa è pari al 76,9%. In altre parole, nel gruppo dei vaccinati con ciclo completo il rischio di contrarre l’infezione si riduce del 77% rispetto ai non vaccinati.
Per quel che concerne l’ospedalizzazione degli infetti che presentano sintomi, l’efficacia dei vaccini nel prevenire l’ospedalizzazione è pari all’84,1% per gli individui sottoposti a vaccinazione con ciclo incompleto e a ben il 93,1% per quelli sottoposti a ciclo completo. Inoltre, l’efficacia nel prevenire i ricoveri in terapia intensiva è pari al 90,8% per gli individui coperti da vaccinazione incompleta e al 95,4% per quelli coperti da doppia dose o vaccino monodose.
Infine, l’efficacia nell’evitare il decesso del paziente entrato in contatto col virus è pari all’83,8% per la vaccinazione con ciclo incompleto e al 95,7% per la vaccinazione con ciclo completo. In altre parole, per i vaccinati con ciclo completo il rischio di decesso si riduce quasi completamente rispetto ai non vaccinati.
Le due dosi di vaccino, dunque, non sembrano coprire tanto dall’infezione in sé (per la quale comunque si ha un’efficacia del 77% rispetto ai non vaccinati), ma soprattutto dalle complicanze serie e dagli esiti letali.
In tal senso, un secondo dato rilevante riportato sul sito dell’Iss, si riferisce all’incidenza settimanale dei decessi nel mese di settembre 2021. Lo riportiamo nella Figura 1.
Figura 1: Incidenza settimanale dei decessi in Italia per fasce d’età. Settembre 2021. Fonte: www.epicentro.iss.it
Dal grafico emerge come, nella fascia di età superiore agli 80 anni, il tasso di decesso è di 1,5 per 100.000 per i vaccinati e sale a circa 25 su 100.000 per i soggetti non vaccinati. Si tratta, quindi, di una mortalità circa 16 volte superiore per i non vaccinati in questa fascia di età.
La differenza è ancora più evidente per gli infetti nella fascia di età 60-79 anni, per i quali i decessi sono circa 0,2 su 100.000 per i vaccinati e circa 5 su 100.000 per i non vaccinati. Si registra, quindi, una mortalità circa 25 volte superiore nei non vaccinati rispetto agli individui che si sono sottoposti ad un ciclo completo di vaccinazione.
Guardandoci intorno nel mondo, Israele è forse il paese che crede maggiormente al vaccino come forma di difesa dal virus, ed è per questo motivo decisamente più avanti nella campagna vaccinale. Infatti, dopo aver somministrato le due dosi del vaccino a mRna Pfizer Biontech a 5,5 milioni di abitanti (circa il 67% della popolazione), il ministero della Salute ha lanciato il 30 luglio 2021 il programma di una terza dose, che richiedeva l’uso del vaccino Moderna. In base a tale programma, al 12 settembre 2021 circa 2,8 milioni sono stati già coperti dalla terza dose (classificati come “vaccinati con impulso”) e si inizia a parlare in questi giorni di una quarta dose, la quale dovrebbe essere somministrata a distanza di sei mesi dalla terza.
Il ministero della Salute israeliano diffonde periodicamente dati molto dettagliati sull’efficacia di questa intensa campagna vaccinale. Da questa fonte riprendiamo, ad esempio, i dati riportati nella Figura 2 la quale mostra l’andamento nell’ultimo mese del numero di individui ultra-sessantenni gravemente malati (medie settimanali) distinti in 3 categorie: non vaccinati, vaccinati con impulso (terza dose) e vaccinati senza impulso (due dosi). Si passa da valori prossimi allo zero per i vaccinati con impulso, a valori intorno ai 40 settimanali per i vaccinati senza impulso e a valori con medie intorno ai 160 (crescenti nel tempo) per i soggetti non vaccinati.
Figura 2: Andamento dei casi gravi da Covid-19 tra gli ultra-sessantenni (medie settimanali) distinti nelle 3 categorie: non vaccinati, vaccinati completi senza impulso (2 dosi) e vaccinati completi con impulso (3 dosi)
La Figura 3, invece, riporta le informazioni relative ai casi attivi distinti per classi di età.
Figura 3: Pazienti attivi per 100.000 abitanti (medie settimanali) distinti nelle 3 categorie: non vaccinati, vaccinati completi senza impulso (2 dosi), vaccinati completi con impulso (3 dosi), e per classi di età
Dal grafico emerge che la fascia di età maggiormente colpita dal virus è quella dei trentenni. In questa fascia di età si registra anche una elevata differenza tra vaccinati e non vaccinati, la quale passa da 50 a 1.300. In questa classe di età si ha dunque una probabilità di contrarre il virus 25 volte superiore se non vaccinati. Il massimo vantaggio si registra per i più giovani (la fascia 12-16 anni), per i quali l’incidenza passa da sostanzialmente zero per i vaccinati con impulso a 1.100 ogni 100.000 abitanti.
Infine, la Figura 4 mostra il numero giornaliero dei decessi degli ultrasessantenni nelle tre categorie, registrati nell’ultimo mese.
Figura 4: Numero di decessi giornalieri per 100.000 abitanti distinti nelle 3 categorie: non vaccinati, vaccinati completi senza impulso (2 dosi) e vaccinati completi con impulso (3 dosi)
Si passa da valori prossimi a zero per i vaccinati con impulso, a valori molto bassi per i vaccinati con 2 dosi, a valori molto più elevati per i non vaccinati.
Attraverso questa serrata politica vaccinale, unita alla proibizione di viaggi da e verso l’estero, Israele è oggi sostanzialmente in sicurezza rispetto ai casi gravi da Covid-19 con un numero di decessi che era pari a 5 il 1° ottobre, nonostante la violenta ondata di contagi registrata a partire da metà agosto, ora in fase di remissione.
Anche in Israele come in Italia, dunque, i vaccini non sembrano coprire dall’infezione in maniera totale, ma riducono sensibilmente le complicazioni ad essa legate.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI