Caro direttore,
in questo periodo, anche a causa di infortuni sul lavoro che, per la modalità di accadimento sono stati particolarmente “violenti”, si sono riaccesi i riflettori dei media e della politica sulla sicurezza dei luoghi di lavoro.
Al di là del ruolo delle parti credo sia opportuno prendere in considerazione alcuni dati, affinché anche i numeri di cui siamo investiti possano essere compresi da un pubblico di non addetti ai lavori, che giustamente rimane colpito da queste notizie e che si chiede come possano accadere.
Innanzitutto, è utile ricordare che l’infortunio sul lavoro è quell’evento violento e immediato che coinvolge il lavoratore nello svolgimento della sua mansione lavorativa, che i dati comprendono tutti gli infortuni (anche quelli della durata di un giorno) e quelli in itinere (occorso ai lavoratori che muovendosi su strada compiono il tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro, due luoghi di lavoro o il luogo di lavoro e quello di abituale consumazione dei pasti).
Risulta così intuitivo a tutti che il dato più indicativo ai fini di una comprensione e prevenzione del fenomeno sia quello degli infortuni “al netto” dei dati “in itinere” proprio perché segnala solo l’evento accaduto in azienda o in cantiere.
L’Inail periodicamente (mensilmente e semestralmente) rende disponibili i dati analitici degli infortuni e delle malattie professionali in Italia. Recentemente, il 30 settembre, sono stati presentati quelli dei primi otto mesi del 2021 con una premessa doverosa da parte dell’Istituto sulla difficoltà di comparazione con gli stessi primi mesi del 2020 causa Covid e le conseguenti ricadute di tardività delle denunce.
Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail entro lo scorso mese di agosto sono state 349.449, oltre 27mila in più (+8,5%) rispetto alle 322.132 dei primi otto mesi del 2020, con aumento a livello nazionale degli infortuni in itinere (+20,6%) e un incremento del 6,9% (da 284.131 a 303.628) di quelli avvenuti in occasione di lavoro.
Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Istituto entro il mese di agosto sono state 772; 51 in meno rispetto alle 823 registrate nei primi otto mesi del 2020 (-6,2%) e con incidenza in aumento solo dei casi avvenuti in itinere, passati da 138 a 152 (+10,1%), mentre quelli in occasione di lavoro sono stati 65 in meno (da 685 a 620, -9,5%).
E in questi anni com’è andata? Le morti sul lavoro registrate fra il 2008 e il 2018 sono in media meno della metà rispetto al periodo ’68-’78 (fonte: elaborazione dati Inail su pagellapolitica.it) e negli ultimi anni 2009-2018 si è registrato un andamento altalenante ma sostanzialmente stabile per quanto riguarda le denunce di infortuni sul lavoro – con esito mortale o meno – e malattie professionali.
In quale giorno della settimana si concentrano gli infortuni mortali? Lunedì.
Un aspetto “trascurato” e sottovalutato dalle statistiche, ma che riveste un’importanza non secondaria vista la struttura aziendale italiana prevalentemente fatta da micro-piccole-medie imprese artigianali e commerciali, è l’incidenza infortunistica che coinvolge direttamente il datore di lavoro in quanto operatore presente e attivo insieme ai propri lavoratori nel luogo di lavoro.
L’altro aspetto che credo debba essere approfondito in modo più sistematico e concreto è quello attinente alla riduzione del rischio. Tante sono le variabili che intervengono e possono essere fattore scatenante l’evento infortunistico che affermare l’utopia del “rischio zero” non fa altro che allontanare quell’aspetto educativo della persona fondamentale anche per il lavoro. Certo, dire questo non significa giustificare assolutamente quelle irresponsabilità ciniche e consapevoli di chi ha il compito di garantire la salute e sicurezza del luogo di lavoro come datore di lavoro preferendo scorciatoie inaccettabili.
Occorre un approccio “laico”, meno ideologico non solo nella lettura e nel commento dei dati riguardanti gli infortuni, ma a tutta la politica della sicurezza nei luoghi di lavoro, che sappia coniugare le norme, i comportamenti e le responsabilità con la realtà non del mondo perfetto che vorremmo, ma con quello che da (poveri) esseri umani riusciamo a costruire.
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