Dopo 10 anni il Pd si riprende Napoli. Questa in sintesi il significato del risultato che spinge Gaetano Manfredi, da Nola, ex rettore, ex ministro del governo Conte 2, a diventare il nuovo sindaco di Napoli con oltre il 60% dei voti al primo turno.
La destra paga anche a Napoli duramente gli errori di questi mesi, a cominciare dalle titubanze e dalla testardaggine di Salvini nel voler candidare il magistrato Catello Maresca, arrivato direttamente dalla procura della repubblica di Santa Maria Capua Vetere, culturalmente estraneo alla destra napoletana. Il centrodestra non supera il 20%, mai così male (la lista Meloni ottiene il 4,42%, FI il 6,61%).
Fallisce anche il tentativo di Antonio Bassolino di riprendersi la rivincita. La città non lo ha preso sul serio, bloccandolo intorno alla soglia critica dell’8%, che se non superata gli impedirebbe di ritornare in consiglio. Sulla nuova versione della sua storia politica e personale, segnata da 19 processi e da altrettante assoluzioni, è prevalso il giudizio politico negativo della città.
Sonora sconfitta anche per la candidata arancione, Alessandra Clemente, ferma al di sotto del 6%, a cui de Magistris aveva lasciato l’arduo compito di raccogliere quanto seminato in dieci anni, cioè il nulla.
Il principale vincitore è il Pd cittadino che ha costruito da solo, per mesi, la nuova coalizione con gli alleati 5 Stelle. L’unica a livello nazionale. Un lavoro d’altri tempi: contatti, discussioni infinite, ricerca di punti di convergenza, un confronto che alla fine ha dato vita ad un solido rapporto di fiducia.
L’ipotesi di candidare il presidente della Camera Roberto Fico è tramontata dopo la nascita del governo Draghi. Nessuno può lasciare il suo posto di combattimento, neanche lui. Ben presto si capisce che l’unico nome che riesce a tenere insieme i 5 Stelle di Fico e Conte e nello stesso tempo il riluttante De Luca, è quello di Manfredi.
Manfredi appena capita l’antifona cerca di sottrarsi, la situazione del comune di Napoli è ben più tragica di quello che va raccontando de Magistris, e senza un impegno nazionale a trovare una soluzione non se ne parla. Letta e Conte avanzano l’idea di un “patto per Napoli” per garantire almeno una rete di protezione al futuro sindaco. Non è la soluzione ma almeno ci sono tutte le premesse per provarci. Dopo qualche tira e molla, Manfredi fa cadere la riserva, e accetta.
La lunga campagna elettorale è servita a far capire ai napoletani due cose: la prima, che Manfredi in fin dei conti è un buon candidato, un po’ timido e poco espressivo; la seconda, che sarà sicuramente un ottimo sindaco. Grazie alle lunghe camminate, il calore dei napoletani e la fiducia nel risultato finale, Manfredi si è via via trasformato in un eccellente oratore, ha tirato fuori una grande umanità, ha fatto scattare un rapporto empatico con la città, indispensabile per raggiungere e superare la vetta del 60%.
Manfredi rappresenta il classico “finale a lieto fine” che chiude una pagina terribile della città, iniziata nel 2008 con i cumuli di immondizia per strada, la fine della stagione del rinascimento, il fallimento del progetto per una nuova Bagnoli. Tutto ciò porta indelebile la firma di Bassolino, che pur facendosi da parte non accettò l’idea di avere come successore al comune una personalità critica nei suoi confronti. Le primarie del 2011 spinsero il Pd verso il fondo. Umberto Ranieri, il candidato del partito e della parte più colta della città, venne sconfitto da un uomo di Bassolino durante le primarie più contestate della storia. Tutto finì in rissa, le primarie vennero annullate, Bersani commissariò la federazione inviando un giovanissimo Orlando, che a sua volta candidò uno sconosciuto funzionario del ministero dell’Interno, che non fu in grado di superare il primo turno.
A distanza di dieci anni dunque la sinistra storica riprende la guida della città. Avrà fatto tesoro degli errori del passato? Ha saputo selezionare – dopo 10 anni di opposizione – una nuova classe dirigente? Sicuramente si affida oggi al suo uomo migliore, saggio e prudente, coraggioso quanto basta, esperto e aperto al nuovo.
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