La filosofa Michela Marzano ha racconto nel libro autobiografico “Volevo essere una farfalla” la sua personale battaglia contro l’anoressia. “Se non avessi attraversato questa immensa sofferenza, sarei meno sensibile a certi temi, non avrei lo stesso interesse per l’ingiustizia. La questione decisiva è che cosa fare del proprio dolore. La sofferenza in quanto tale non ha senso, però fa parte della vita: dobbiamo trasformarla, fare in modo che da essa possa germogliare qualcosa di buono”, ha spiegato a Famiglia Cristiana la studiosa italiana. Michela Marzano ha sempre definito l’anoressia “un sintomo”: “Il vero problema è quello che c’è dietro al rapporto conflittuale con il cibo. Ci si sente in colpa quando si mangia, ma il senso di colpa viene da molto più lontano. Ci sente in colpa di non essere all’altezza delle aspettative…”, ha detto a Piazza Pulita.
Michela Marzano ha voluto mettere nero su bianco la sua esperienza perché l’anoressia è “un sintomo sempre più frequente, in quanto aumenta il numero delle persone colpite. Desideravo affrontarlo per spiegarne i meccanismi: l’anoressia non è qualcosa di cui vergognarsi, né frutto di una scelta”, ha spiegato a Famiglia Cristiana. Dopo aver lavorato a lungo sul corpo e la fragilità, ha voluto rivelare ciò che sta dietro la sua ricerca: “Il mio interesse è legato al mio vissuto”. Da quando ha scritto il suo libro “Volevo essere una farfalla”, Michela Marzano ha ricevuto molte lettere di persone che soffrono o hanno sofferto i anoressia: “Si può impazzire di dolore, ma lavorando su sé stessi, accettando di mettersi in discussione, si trova il bandolo della matassa. Conosco il vostro dolore, ma vi dico che non è ineluttabile. Trovate le parole per dire l’indicibile”.