“Nessuna patrimoniale, il governo non tocca le case degli italiani”. Lo ha sottolineato il presidente del Consiglio Mario Draghi, durante la conferenza stampa al termine del vertice Ue in Slovenia. “L’ho detto fin dall’inizio: questo governo non aumenta le tasse”, ha aggiunto il premier all’indomani del via libera del Consiglio dei ministri alla delega fiscale, che prevede anche la riforma del catasto. Sarà così? “È così, nel senso che non le tocca direttamente – commenta l’avvocato Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, l’associazione dei proprietari –, ma di fatto non è così perché la delega pone le condizioni affinché in futuro vengano toccate non solo le case, ma tutti gli immobili, cioè negozi, uffici, terreni, capannoni”.
In che modo?
Attraverso uno strumento, la revisione degli estimi catastali, che viene predisposto con questa legge delega e che altri in futuro utilizzeranno. Quindi noi non ci accontentiamo, come qualcuno, del fatto che ora non aumentino le tasse sugli immobili. Puntiamo a che non si possano predisporre neppure le condizioni che ciò avvenga in futuro.
Non vi sentite dunque rassicurati dalle parole del premier?
Non ci tranquillizza affatto. Tra l’altro, sempre nella conferenza stampa, a una domanda di un giornalista italiano, il presidente del Consiglio ha detto che la sua “stella cometa” è il rispetto delle raccomandazioni europee.
È vero che la riforma del catasto ce la chiede l’Europa?
Le raccomandazioni Ue sul catasto dicono che vanno modificati gli estimi al fine di aumentare la tassazione sugli immobili per diminuire quella sul lavoro.
E non possiamo sottrarci?
L’obiettivo finale è quello. Che non avvenga quest’anno, il prossimo o nel 2026 per noi non cambia nulla.
Si corre, insomma, il rischio di una patrimoniale tutt’altro che occulta?
È così.
A pagarne il prezzo maggiore sarà soprattutto il ceto medio?
Assolutamente sì. Ma anche qualcosa sotto il ceto medio, perché in Italia c’è una proprietà immobiliare diffusa: non solo chi possiede la casa in cui vive come abitazione, ma anche chi ha acquistato nel tempo immobili piccoli, magari di bassissimo valore, a fini di investimento. Ora questa attività vale molto meno, perché sono state attuate molte politiche che hanno scoraggiato il possesso della casa come bene di investimento, in termini di affitto di negozi o abitazioni. È poi opportuno ricordare che in Italia il reddito medio dei locatori, non dei proprietari prima casa, nel 60% circa dei casi non arriva a 26mila euro lordi annui. Ma di che stiamo parlando?
Il vostro timore è che la revisione degli estimi catastali possa tradursi da un lato in un aumento dell’Imu, che già costa agli italiani 22 miliardi, e dall’altro dei canoni di locazione?
È la conseguenza immediata, perché l’economia funziona così. Quando il costo di produzione di un bene cresce, anche il prezzo poi sale, come nel caso delle auto. A differenza delle auto, però, per vederne gli effetti sul prezzo degli affitti bisogna aspettare il nuovo contratto. È vero che gli inquilini sono molto tutelati, ma in prospettiva ci sarà un riflesso anche sui canoni di locazione. Senza dimenticare che la revisione degli estimi può scoraggiare l’acquisto per investimento. Anzi, in questo caso non bisognerà certo aspettare il 2026, accade già oggi: la gente, appena sente la parola catasto, fugge.
I sostenitori della revisione degli estimi catastali ritengono però che con il riequilibrio dei valori si otterrà che chi vive in periferia pagherà meno e chi ha casa in una zona di pregio pagherà di più. È una tesi fondata?
Intanto è tutto da verificare. E comunque chi dice questo in sostanza ammette che un aumento delle tasse sulla casa, seppur mirato, ci sarà. Sono però scettico che si possa avere un minimo di equilibrio fra incrementi di imposta, molti – e dove si sono già verificati, i valori immobiliari sono crollati -, e riduzioni, probabilmente poche.
La delega generale nasconde delle trappole?
Premesso che il catasto non doveva esserci in questa delega, visto l’accordo parlamentare che è stato invece violato da alcune forze politiche e disatteso dal presidente del Consiglio, il testo della delega è talmente ampio e vago che lascia libertà assoluta al governo, e quindi all’Agenzia delle Entrate di fare quello che vuole.
Draghi ha dichiarato: “ci impegniamo a non cambiare assolutamente il carico fiscale del catasto. Nessuno pagherà di più, nessuno pagherà di meno”. Come è possibile?
Curiosamente nella delega è scritto che tutta questa operazione, che dura cinque anni, costa e impiega persone, ma nelle ultime tre righe si dice che non verrà utilizzata a fini fiscali.
Quindi?
È chiaro che, avendo scritto così, Draghi può dire che nessuno pagherà di più e nessuno pagherà di meno. Ma quelle tre righe le potrà togliere chiunque, arrivando così a tassare di più e con maggiore facilità.
Ma non è giusto, dopo oltre 20 anni, adeguare gli estimi catastali ai valori di mercato? E che cosa sarebbe opportuno fare?
Bisognerebbe cominciare a dire che il catasto in Italia è un catasto reddituale e non patrimoniale, cioè è inteso a determinare la redditività, la potenzialità a produrre reddito, e non il valore di compravendita, dell’immobile. In secondo luogo, anche qualora si volesse avere, come noi non chiediamo, un catasto di natura patrimoniale, non è un’operazione così semplice stabilire il valore di mercato, per di più attualizzato, di un immobile. Non c’è scritto da nessuna parte.
Un’operazione senza senso, allora?
Un’operazione del genere potrebbe anche avere un senso, ma servono mille garanzie, mesi di tempo, confronti serrati a livello politico e con le associazioni di categoria. Ma il punto vero è che si deve capire bene che cosa poi si vuole trarre dagli immobili come tassazione. Ci si concentra sul catasto come fosse il problema principale, ma il problema è come e quanto si vuole tassare un immobile. Noi crediamo che si debba tassare il reddito che deriva dagli immobili, attraverso un catasto che registri la potenzialità di reddito di un immobile. Invece con questa delega si vuole fare altro.
Se il catasto non è il problema principale, di quali misure ha urgente bisogno il settore immobiliare?
Innanzitutto, una riduzione generalizzata dell’Imu, quindi della tassazione patrimoniale degli immobili, che dal 2012 è aumentata in modo spropositato, passando da 9 a 22 miliardi. Seconda misura urgente, la riduzione della tassazione sulle locazioni immobiliari di tipo commerciale attraverso l’introduzione della cedolare secca. Ma la stessa cedolare secca è a rischio, perché un altro articolo della delega dice, anche qui in modo molto vago, che dobbiamo temere un aumento dell’aliquota.
(Marco Biscella)
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