Quarantott’ore prima che si aprissero i seggi per amministrative e suppletive, il Presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha chiesto spazio sui media per un’analisi-appello altamente politica ma all’opposto di ogni elettoralismo: Il Covid – ha detto nel titolo di un’intervista – “sta lasciando ferite da Terza guerra mondiale”.
Uno scienziato statistico è naturalmente il più lontano da slogan e narrazioni e il più prossimo ai dati, ai fatti. E se resta scolpito ancora a lettere sanguinanti il tributo di vite italiane alla pandemia (finora 130mila) la realtà più allarmante che sta maturando nei data-base dell’Istat riguarda il numero delle nascite attese a fine 2021: meno di 400mila, minimo storico nella storia italiana recente (nel 1964, ultima “leva” del baby booming, i nuovi nati in Italia sono stati un milione). La decrescita dura tuttavia senza pause dal 2008, l’anno esplosivo della grande crisi finanziaria globale. Neppure la “strage-Covid” – che ha colpito per lo più le classi anziane – ha frenato l’invecchiamento della popolazione. Fra lockdown sanitari e recessione pesantissima, le giovani coppie hanno “congelato” la natalità (non è per la verità la prima volta: successe anche dopo l’incidente di Chernobyl).
Comunque: “Il trend inerziale può condurre nel lungo periodo l’Italia ad avere una popolazione di 30 milioni”, metà di quella attuale. Una prospettiva che però il Presidente dell’Istat si rifiuta di accettare con inerzia, anzi. Bisogna contrastare alla radice della “demografia negativa”: con una politica per la famiglia più ampia, profonda, innovativa. Stanno pericolosamente invecchiando anche le donne che decidono di diventare mamme: ormai ben oltre i 30 anni, nella fascia 32-35. Blangiardo parla di “carenza potenziale di mamme”, legata alle incertezze generali sull’accesso al lavoro e al precariato.
Sebbene non unica, la questione economica resta centrale, se una donna guadagna 800 euro al mese e ne deve spendere 500 per l’asilo del figlio resta a casa. E infatti in agosto su 80mila posti di lavoro persi, 68mila erano femminili. E con essi è sparita non solo una fetta di reddito disponibile, ma anche una base di competenze professionali, di cultura-Paese in senso lato, frutto degli investimenti nel sistema educativo.
Però: “La crisi economica è forte – riconosce il Presidente dell’stat – ma meno di quello che si temeva e soprattutto siamo sulla buona strada per superarla. Sia avverte una grande spinta a ricostruire un Paese migliore sulle macerie del Covid”. Anche e soprattutto realizzando il Pnrr. Un “Pnrr delle famiglie”, per la famiglia.
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