Gabriele Muccino si racconta a cuore aperto nella sua autobiografia “La vita addosso”, «Una lunga cavalcata di 24 anni – commenta lo stesso regista parlando oggi con il Corriere della Sera – metà in Italia e metà in America, a cavallo di due culture molto diverse. Ho aperto ogni file della memoria in modo onesto». Il 54enne di Roma inizia dagli esordi: «Ci sono arrivato grazie a mio cugino, che lavorava a Mixer. Mostrò a Minoli i miei corti e me ne commissionò tre uno sull’innamoramento, sula gelosia e sulla separazione. Poi per cinque mesi ho fatto Un posto al sole. La tv è stata una palestra, l’obiettivo sempre stato il cinema», fino alla consacrazione con L’ultimo bacio: «Quel film rompe l’incanto. Come se avessi fatto troppo e troppo lontano da quello che loro riconoscevano come cinema italiano. Io cercavo il mio modo di fare cinema. È stato il film che ha scompaginato, scatenato gli animi. Non era chiari che etichetta mettermi addosso, non assomigliava a nulla. questa incapacità di capire che tipo di cinema facessi è stato motivo per cui ho avuto molto successo e molti detrattori. Vinse il Sundance, è restato nelle sale per sei mesi, ha incassato 33 miliardi di lire in anni in cui andavano Pieraccioni e Aldo Giovanni e Giacomo».
Fra i tanti argomenti affrontati nella sua autobiografia, Gabriele Maccino anche le pagine dolorose riguardanti il rapporto con suo fratello Silvio, non proprio idilliaco giusto per dire un eufemismo: «Non lo vedo dal 2007, dopo questo tempo si elabora una sorta di lutto, non ha voluto incontrare me, in nessuna occasione, i miei figli, i miei genitori, mia sorella, ma anche Giovanni Veronesi, Carlo Verdone, ha fatto terra bruciata intorno a sé da tutti quelli che lo hanno amato».
GABRIELE MUCCINO: “CON SILVIO HO TENTATO UN RIAVVICINAMENTO MA…”
«La sua scomparsa – ha proseguito il regista – ha lacerato il tessuto familiare, a ognuno manca un fratello o figlio. Rimane inspiegabile, farà lui il bilancio della sua vita. Lui a un certo punto ha fatto dichiarazioni su di me talmente gravi, descrivendomi come uomo violento. Sono state il napalm. Le carte giudiziarie dicono l’opposto, vicenda si è chiusa con archiviazione. Nel libro, ho voluto raccontare tutto, non mi faccio sconti come uomo e padre».
Gabriele Muccino racconta di aver tentato un avvicinamento, invano: «In uno degli ultimi due film, cercai di fare una mossa di una forza sovraumana di azzerare tutto ripartendo almeno professionalmente da dove avevamo interrotto, ho scritto un personaggio per lui. Ma non ne ha voluto sapere. Ti risponde con gli avvocati e allora basta così». Il regista ha parlato anche della sua balbuzie, che lo stesso artista definisce: «Un grosso problema da ragazzo perché non riuscivo a socializzare, è stata una spinta in più per fare cinema, io narratore di storie più di quanto sia stato capace di farlo con la parola».