Nell’indice inflattivo del consumo sono presenti oggigiorno i beni e i servizi informatici, e in una maniera tale da essere sconosciuta già solo venti anni fa. Questa affermazione ha come corollario non del tutto evidente e immediato che la costruzione di un indice di inflazione varia nel tempo, nei diversi contesti economici e sociali, e quindi costruire il paniere virtuale dei beni rappresentativo dell’intera società è sempre sfida ardua; con parole più esatte si può affermare però che l’indice di inflazione come l’inflazione stessa sono continui campi di ricerca macroeconomica e statistica.
Per l’appunto i beni e i servizi informatici sono una rappresentazione iconica di nuove sfide e nuove analisi da mettere in campo; in effetti, il piatto di cibo consumato per il pasto quanto incorpora oggigiorno di informatica e in che modo? A questo tipo di interrogativo base è rivolta la ricerca statistica ed economica focalizzata al peso del prezzo e del valore dei beni informatici in un moderno indice di inflazione. È una misurazione non facile e soggetta a profondi limiti, tali da implicare soluzioni non di ottimo assoluto ma di second best: dato il vincolo che limita le scelte possibili, concentrarsi solamente su quelle disponibili.
In buona sostanza, i beni e i servizi informatici pongono problematiche sia per il loro peso come quantità dentro al paniere virtuale, sia come livello di prezzi a cui sono consumati. Iniziamo dalla prima questione: come pesare le quantità fisiche di beni e servizi dentro un indice inflattivo?Innanzitutto, per i beni informatici, almeno a livello iniziale, la risposta è più semplice, ed è del tipo quante unità fisiche di beni informatici di qualsivoglia tipologia si vogliono inserire nel paniere; giunti a questo punto, però, la quantificazione da farsi in pratica è molto delicata e non risolvibile una volta per tutte; si ricorre così a una vasta gamma di indici di composizione, un esempio potrebbe essere: quante unità di pc sono presenti del distretto industriale x e per il determinato bene y colà prodotto? In base a questa quantificazione si decide poi il numero di pc da inserire nel paniere.
Giova però ribadire che la costruzione di indici di composizione di tale fatta è indefinita, così come indefinite sono le funzioni di un pc e gli scopi per cui servono. Quindi già una prima complicazione non risolvibile in maniera certa e definitiva, ma solo in relazione agli scopi del policy maker.
Però è il secondo aspetto di questo primo quesito a ingenerare i maggiori problemi, e cioè: come si pesano nel paniere virtuale dei beni i servizi informatici? Oggigiorno è del tutto evidente che oramai i servizi informatici sono incorporati nella quasi generalità dei beni, e per tale motivo si potrebbe – e lo si fa effettivamente – individuare una quota percentuale di tutti i beni da individuare come servizio informatico che ha un suo valore di unità fisica nel paniere; esempio, un paniere virtuale costituito da 100 unità di beni diversi, lo si potrebbe quantificare in tal modo: 30 unità bene x, 20 unità bene y, 20 unità bene w, 20 unità bene m, 10 unità bene informatico (vale a dire un servizio informatico virtuale). Ma si capisce bene che tale operazione, ben più di quella precedente è una scelta fatta in base a giudizi del policy maker e non in base a criteri scientifici definiti.
Qui infatti entra in campo la tematica del bene pubblico alla Hotelling: usufruibile da tutti in quantità elevatissime e allo stesso tempo; l’esempio di specie della economia pre-informatica era il parco pubblico: poteva essere fruito da tutti fino alla sua congestione; solamente che quando si tratta di beni fisici la congestione arriva con le migliaia e centinaia di migliaia di numeri, mentre con i sevizi informatici noi abbiamo oggi un accesso pressoché illimitato e per ogni funzione della società, e non solo quindi per il tempo libero.
È evidente il cambio totale di paradigma. L’intera questione diventerà però più chiara ora con l’analisi coordinata del secondo aspetto dei beni e dei servizi informatici, a dirsi, il loro prezzo. Esordendo in maniera ex abrupto si può affermare che il prezzo dell’informatica in genere è un prezzo da bene di lusso, e questa affermazione è sconcertante nel suo impatto iniziale, e quindi la dobbiamo analizzare con cura.
Iniziamo dai beni informatici, come unità fisiche e materiali distinte, cosicché qualsiasi persona può sperimentare da sé quanto costi uno smartphone delle aziende maggiori del mercato (le prime 7/8); al di là della differenza dei prezzi assoluti tra le varie aziende, quello che si ricava è che rispetto ai costi di produzione base effettivi, uno smartphone è ricaricato sul prezzo finale di 10/20 volte a seconda dell’importanza della marca. Quindi in maniera spiazzante si vede che il prezzo dei beni informatici è paragonabile a quello dei beni di lusso e per tale verso farli entrare dentro il paniere dei beni altera sensibilmente il valore di tale paniere.
Perché tale fatto? In prima battuta, perché nel breve, brevissimo periodo, ma fino ad arrivare anche a 2/3 anni di distanza, inflazioni anche moderate di altre categorie dei beni (per esempio alimentari al 9%) possono essere affrontate dagli imprenditori dei beni informatici con addirittura tagli dei prezzi per non diminuire le vendite – dato che come anche per i beni di lusso ordinari, visti i loro ricarichi sconosciuti ai beni ordinari, se lo possono permettere continuando a guadagnare.
Qui, a questo punto sorge la seconda domanda: perché i beni informatici vengono venduti come beni di lusso? Perché non interviene lo Stato a regolare e a calmierare come per qualsiasi altro monopolio? La risposta è più complicata della domanda: la velocità e l’obsolescenza tecnologica del settore che è portata a motivazione dei partecipanti di tale mercato per la politica di prezzi altissimi.
In sostanza le aziende del settore informatico dicono che per restare in tali mercati occorrono investimenti ingenti per non uscirne fuori. A livello tecnologico stretto, a questo punto dell’analisi non ho più le necessarie competenze per andare avanti e proporre quesiti e risposte; inizia la mia ignoranza inerente alle politiche tecnologiche e ai loro sviluppi; questo argomento per essere approfondito da qui in avanti ha bisogno di altre mani.
Trasferiamo perciò l’attenzione ai prezzi dei servizi informatici, che come ognuno può verificare nell’esperienza quotidiana non solo sono bassi, ma tendono sempre a scendere nel corso del tempo, e quest’ultima constatazione inizia a fare una luce particolare sull’arcano dell’indice inflattivo del paniere dei beni e servizi: in sostanza, mentre i beni degli alimentari, dell’energia, dei trasporti, ecc. sono in tendenziale di medio periodo in crescita, quello dei beni e soprattutto dei servizi informatici è in tendenziale di decrescita, e ciò contribuisce a mitigare l’indice inflattivo complessivo. Prova ne è il fatto che ci lamentiamo della benzina al distributore, del cappuccino e della pasta al bar, ma siamo sempre a caccia delle migliori offerte per la telefonia.
A livello complessivo dell’indice di inflazione si comprende ora perché i beni e i servizi informatici pongano delle questioni irrisolvibili in teoria e gestibili solamente in maniera pratica. Ulteriore corollario più o meno evidente: nell’attuale società meno si utilizza l’informatica e più si è soggetti al fenomeno inflattivo, in modo diretto, indiretto e virtuale. Direttamente perché il mancato uso odierno di informatica ci tiene fuori dal mondo in sostanza, indirettamente poi perché paghiamo con più tempo e con più soldi qualsiasi cosa facciamo, e infine virtualmente perché non saremmo rappresentati nel paniere virtuale dei beni. Oltretutto, si tenga presente che il bene pubblico alla Hotelling quale immagine che si può dare inizialmente del servizio informatico, cede poi nella sostanza dell’analisi a un fenomeno nuovo e completamente dei nostri giorni: gli utilizzi contemporanei e a centinaia di milioni di persone di un servizio che serve a ogni cosa, dalla produzione, allo svago, alla salute, all’alimentazione e così via.
Giunti a questo punto, si vede benissimo come l’evoluzione tecnologica e sociale ci mette di fronte a situazioni così nuove che anche gli ordinari indici inflattivi così come sono costituiti iniziano a presentare limiti; in effetti, ulteriori campi di ricerca macroeconomica e statistica sono lo studio di moderni test quali quantitativi per misurare il benessere della popolazione, economico e sociale.
Insomma, lo si ribadisce di nuovo, quando si tratta di inflazione e degli indici per misurarla la ricerca teorica e operativa è sempre in itinere.
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