Il rapporto con Craxi, Mani pulite, ma anche l’esperienza da ministro e la trattativa Stato-mafia: Claudio Martelli a tutto tondo ai microfoni de La confessione. Il direttore de L’avanti ha esordito parlando del grande legame con Craxi: «L’ho conosciuto da giovane repubblicano, cominciammo a chiacchierare, lui era incuriosito. Dopo un po’ si spazientì mentre gli presentavo la mia visione: mi disse che avevo letto troppo Cesare Pavese e troppo poco Gian Burrasca». Un’amicizia poi interrotta e seguita dalle pesanti critiche di Stefania Craxi e dello stesso Bettino: «Mi piacerebbe ci fosse un equilibrio nelle ricostruzioni. Siamo stati amici molto leali per 25 anni, la rottura è durata non più di sei mesi: quando ci fu da negare l’autorizzazione a procedere contro Craxi, io votai contro l’autorizzazione».
Dopo una battuta sulla proposta di Berlusconi a Di Pietro di diventare ministro nel suo governo – «Credo che fosse autotutela (ride, ndr). Anche il Pds lo nominò ministro» – Claudio Martelli ha commentato così il rapporto tra il leader di Forza Italia e Craxi, con il primo accusato anche di avergli voltato le spalle: «Non credo gli abbia voltato le spalle. Non ha mosso un dito, ma cosa poteva fare? Provò a stabilire che il finanziamento illecito non fosse più un reato penale. L’amicizia credo l’abbia confermata».
CLAUDIO MARTELLI A LA CONFESSIONE
Claudio Martelli ha poi parlato di Giovanni Falcone, scelto da lui nel 1991 come direttore generale degli affari penali: «Come ho saputo dell’attentato? Eravamo nel pieno delle elezioni del nuovo capo dello Stato. Andreotti mi vede e mi chiede se ero interessato a sostenere la sua candidatura. In quel momento suona il telefono e Andreotti mi dice dell’attentato a Falcone. Andai a vedere cosa era successo a Palermo». Questa la sua analisi sull’omicidio di Borsellino, avvenuto subito dopo quello di Falcone: «I mafiosi si erano convinti di essere impunibili. Riina è stato latitante nel centro di Palermo per 25 anni. Dopo l’assassinio di Falcone, firmiamo il decreto Falcone con il 41-bis e altre misure. Si riuniscono in assemblea deputati senatori di Dc e Pci e sollevano questioni sul decreto perché incostituzionale. Tutto il percorso parlamentare viene rallentato, sono riuscito a fare passare il decreto dopo la morte di Borsellino. Secondo me hanno ucciso Borsellino per lo stesso motivo per cui avevano ucciso Falcone, perché volevano dare un segnale allo Stato dopo che la Cassazione aveva confermato le condanne alla cupola mafiosa». Dopo le stragi sopra citate, arrivano quelle del 1993, Claudio Martelli parlò a più riprese di una dialettica Stato-mafia: «Secondo me la trattativa è quella precedente, quella dei Ros dei carabinieri. È stato lo stesso Mori ad aver detto di aver trattato con Ciancimino. Qui se ne è derivato un atteggiamento di tradimento, ma secondo me non è così: c’è stata un’anomalia, perché i Ros avrebbero dovuto riferire ai superiori quello che dovevano fare e invece hanno proceduto di testa loro. È un’anomalia, ma certamente non è un tradimento: è quella zona ambigua e grigia in cui si muovono gli investigatori quando vogliono ottenere informazioni da testimoni».