Sara non aveva avuto una gran voglia di riprendere la scuola. Era stata bene in Dad, perché non aveva avuto a che fare con l’arroganza di certi compagni che la trattavano male perché lei è straniera, di cittadinanza italiana, ma le sue origini marocchine sono evidenti e indiscutibili. L’ultimo periodo prima che iniziasse il lockdown per Sara era stato terribile, aveva subìto una sistematica violenza da parte di alcuni ragazzi della classe tale da isolarla e farle vivere male le ore di lezione e gli intervalli. Per Sara il lockdown era stato una liberazione!
Ora dover rientrare in classe rappresentava per lei un incubo, però non riusciva a trovare appigli per non farlo ed era dovuta suo malgrado ritornare a scuola in presenza. Lo aveva fatto, vi erano ancora la mascherina e il distanziamento a proteggerla, per non dire del terrore di alcuni insegnanti che badavano più alle regole che non a quello che dovevano riprendere a comunicare faccia a faccia con studenti e studentesse. Le prime due settimane non era successo nulla, Sara andava a scuola con tanta circospezione, ma i suoi “amici” non le avevano quasi nemmeno rivolto la parola. “Meglio così” pensava lei!
Un giorno Riccardo si era alzato per andare a prendere un foglio che l’insegnante doveva recapitargli per una domanda di rimborsi e tornando al suo posto si era avvicinato al banco di Sara, lo aveva appositamente urtato e aveva preso il suo astuccio buttandolo per terra. Si era piegato a raccoglierlo come se lo avesse fatto inavvertitamente, ma quando era quasi in ginocchio davanti a lei, al posto di raccogliere l’astuccio le aveva detto sottovoce: “torna a casa tua, sporca africana! Non vogliamo più sentire la tua puzza!”. Non aveva raccolto l’astuccio ed era tornato al suo posto, mentre i suoi compagni ridevano.
L’insegnante non si era accorta di quello che era accaduto, aveva visto quegli strani sorrisi che si erano accesi senza motivo, aveva chiesto che cosa ci fosse e Riccardo aveva risposto “niente, niente!” cercando di chiudere l’episodio.
Luca aveva seguito quanto era successo, ma non si era voluto esporre. Sara aveva sentito un sussulto al cuore, di nuovo quell’odio a lei perché straniera, di nuovo era diventata oggetto della loro stupida violenza! Anche lei non aveva detto nulla, e così la lezione era proseguita.
All’intervallo il messaggio era arrivato, i ragazzi e le ragazze erano usciti in cortile a godersi l’ultimo caldo dell’estate che stava finendo. Riccardo era passato davanti al banco di Sara e le aveva detto “guai se esci! Stai in classe da sola, noi non ti vogliamo!”
Giuditta aveva sentito e si era avvicinata verso Sara. Riccardo aveva capito e si era messo in mezzo impedendo a Giuditta di avvicinarsi. L’aveva presa sottobraccio e l’aveva accompagnata fuori dicendole “non ti venga in mente di parlare con quella sporca africana! La classe, tutta la classe, capito? non la vuole!”.
Giuditta si era divincolata dalla stretta di Riccardo e senza dire nulla era tornata in classe dove Sara era rimasta seduta al suo banco con la testa tra le sue mani.
“Sara, Sara” le aveva detto ad alta voce chiamandola.
Sara aveva alzato la testa, aveva la mascherina che non poteva nascondere le lacrime che scendevano dai suoi grandi occhi.
“Sara, andiamo, vieni con me” e l’aveva abbracciata per poi sollevarla tirandola via dal suo banco.
Sara era stata docile a quell’abbraccio e si era fatta trascinare fuori. Giuditta le aveva asciugato le lacrime e poi le aveva detto “io ti voglio con me e tanti altri ti vogliono! Non abbiamo paura della cattiveria degli altri, la vinceremo con te!”
Sara si era lasciata fare da quell’amicizia che era scoppiata improvvisa, più forte delle violenze che aveva subito. Sara con quello sguardo di Giuditta addosso ora aveva una speranza in cuore. Era finalmente iniziato un nuovo anno!
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