Chi ha inventato il telefono? E chi può essere ritenuto il ‘padre’ del dispositivo di comunicazione a distanza che, questo sì, all’insaputa del suo inventore non solo rivoluzionò il mondo il secolo scorso ma continua a essere centrale nel mondo della cultura digitale? La disputa, come è noto, è durata oltre un secolo e come in un ring, ma dai contorni un po’ nazionalisti con i sostenitori dei due contendenti disposti agli angoli di un ring pronti a darsele di santa ragione al posto dell’inventore italiano e del suo omologo scozzese poi emigrato in America. Ma, alla fine, chi può essere considerato il genitore del primo telefono tra Guglielmo Marconi, Antonio Meucci e Graham Bell?
La domanda è lecita e torna d’attualità soprattutto in concomitanza con l’anniversario di una data storica, ovvero il 112 ottobre 1931, quando Marconi premette il pulsante per illuminare la statua del Cristo Redentone a Rio de Janeiro, in Brasile: e Rai Storia ha scelto di celebrare l’inventore della radio con uno “Speciale” (in onda questa sera su Rai 3) dedicato all’imprenditore felsineo, ritenuto colui che per primo, nel 1895, riuscì a inviare l’antesignano dei segnali elettromagnetici a distanza dalla sua abitazione di Pontecchio, nei pressi di Bologna. Aveva dunque battuto Graham Bell? Andiamo con ordine e anzi facciamo un po’ di chiarezza perché a questa storia manca il terzo incomodo. Come si ricorda, proprio Bell in data 14 febbraio 1876 aveva depositato un innovativo brevetto con cui spiegava come riuscire a trasmettere la voce tra due apparecchi collegati solamente da un filo telegrafico.
ECCO PERCHE’ FU MEUCCI A INVENTARE IL TELEFONO: MA GUGLIELMO MARCONI…
Nonostante ciò, nel giugno 2002 arriva una decisione storica e che pone fine a un secolo di dispute e anche di equivoci: secondo il Congresso degli Stati Uniti d’America, infatti, ha decretato che l’inventore del telefono non era né Graham Bell, né Guglielmo Marconi bensì un altro italiano, vale a dire Antonio Meucci (180-8-1889), ricordato anche per aver realizzato le candele steariche che non colano. Infatti Bell avrebbe visto il progetto di Meucci in precedenza, affrettandosi così a depositare prima il brevetto, ma ricevendo la denuncia dello stesso inventore fiorentino (che tuttavia perse la causa dal momento che il suo dispositivo era meccanico e non elettrico, prima dello storico pronunciamento del Congresso nel giugno 2002). E allora Marconi cosa c’entra in tutta questa storia? Beh, nel tardo 1895 aveva perfezionato il suo segnalatore capace di inviare e ricevere i segnali Morse e l’apparecchio, resosi in grado di inviare segnali a grande distanza, non solo rappresenta il primo vagito di quella che verrà chiamata radio, ma sarà fondamentale per il successivo sviluppo dei telefonini.
Il nome di Marconi ricorre anche nelle cronache dell’epoca perché l’imprenditore bolognese che presiedeva il CNR ebbe l’incarico di organizzazione la ‘spedizione’ italiana all’Esposizione Universale di Chicago del 1933 per mettere in vetrina i progressi in campo scientifico del Bel Paese. Per questo motivo Marconi incaricò le Officine Galileo di ricostruire, in ben quattro esemplari differenti che oggi sono esposti al Museo Rai di Torino, i due prototipi di telefoni ideati da Antonio Meucci, uno risalente al 1857 e l’altro a dieci anni dopo (1867), entrambi destinati negli anni a essere perfezionati. Come ricordano degli articoli dedicati al caso, quella vicenda darà il via a una querelle durata un secolo e che, grazie anche a una indagine avviata dallo stesso Marconi, ha contribuito ad aiutare gli storici contemporanei a capire come andarono realmente le cose. Una curiosità finale: l’Esposizione Universale che si tenne nella città dell’Illinois aveva questo titoli che sapeva di premonizione: “I primati della scienza e della tecnica degli italiani”…