«Passaggio più difficile della mia vita? Quello di capire che la vita non era come me l’ero immaginata. Ognuno di noi pensa sempre alle cose in maniera ideale, poi ci si accorge che la vita è fatta di imperfezioni ed è bella per questo»: così don Luigi Maria Epicoco ai microfoni di Sottovoce. Il religioso si è raccontato a tutto tondo, a partire dall’amore di Dio: «Ho capito che l’amore di Dio si dà nelle imperfezioni, non è un amore che toglie le imperfezioni».
«Avere la fede non significa avere uno sconto sulla drammaticità degli eventi che una persona vive nella propria esistenza, ma fa forza in lui una presenza, il non sentirsi soli in questa esperienza», ha aggiunto don Luigi Maria Epicoco, per poi tornare sulla vocazione: «Preti non si nasce: bisogna nascere e scoprirsi uomini, su questa umanità si costruisce anche un altro tipo di vocazione. Io ho avuto una vita molto normale, si è fatto spazio il pensiero di fare qualcosa di radicale, Dio è diventato quel coraggio di fare qualcosa di importante».
DON LUIGI MARIA EPICOCO E LA FEDE
Dopo aver ricordato la “chiamata” – «avevo 14 anni, ero un ragazzino, ho dovuto lottare per fare comprendere questa decisione alla mia famiglia e anche al mio parroco» – don Luigi Maria Epicoco ha spiegato: «Avevo tutto, ho una famiglia bellissima, di grande semplicità e di grandi valori, ma c’era dentro di me insoddisfazione. Ho pensato che una decisione coraggiosa potesse essere la via giusta per prendere sul serio questa mancanza». Non sono mancate criticità interiori: «Ho avuto dubbi, ma nell’immaginario che mi ero costruito sul sacerdozio. Sono partito pensando a un’immagine di supereroe, poi ho capito che per essere un buon prete bisogna essere delle brave persone, senza eroismi».
Don Luigi Maria Epicoco si è poi soffermato sull’esistenza di Dio: «Io credo che la certezza che noi cerchiamo è la stessa certezza quando ci innamoriamo di qualcuno. Sono cose che avverti nel cuore ma nessuno può darti la matematica di quella certezza. Credo che questo sia un vantaggio: se avessimo la certezza di qualcosa, non saremmo liberi, la libertà presuppone un rischio». Una battuta anche sull’impossibilità di avere figli: «Credo che sia giusto, ma questa è stata la mia grande crisi. Verso i 30 anni mi sono accorto che i miei compagni di liceo mettevano al mondo figli, mi sono accorto di quanto fosse importante la paternità. Ho trovato un valido motivo per dire al Signore “questo è un sacrificio che mi costa”».