Secondo uno studio pubblicato nelle scorse ore sull’autorevole rivista Nature, la proteina spike della variante A.30 del covid, sarebbe fortemente mutata, e soprattutto, in grado di eludere gli anticorpi indotti dal vaccino. Da quando il covid è scoppiato, le numerose mutazioni del ceppo originario del virus stanno mettendo seriamente a dura prova il lavoro degli scienziati, e lo si è capito chiaramente dopo quanto accaduto con la Variante Delta, che prendendo il sopravvento ha ribaltato completamente i giochi, obbligando i vari Paesi a raggiungere almeno il 90 per cento di vaccinati per ottenere un’immunità di gregge degna di nota. Nello studio citato su Nature, alcuni ricercatori hanno studiato in particolare una variante africana, appunto l’A.30 detta anche A.VOI.V2, rilevata in particolare in Angola ma anche in Svezia nella primavera di quest’anno, e originaria molto probabilmente della Tanzania.
La “modifica” è stata confrontata con la Variante Beta del covid e la Eta, entrambe originarie dell’Africa, ed è emerso che, rispetto al virus che circolava nella fase iniziale della pandemia, la proteina S della variante A.30 contiene 10 sostituzioni di amminoacidi e cinque delezioni, e ciò rende meno neutralizzate il lavoro degli anticorpi iniettati grazie ai vaccini anti covid. “Tutte le delezioni – si legge sullo studio in questione – insieme a quattro sostituzioni si trovano nel dominio N-terminale dell’unità di superficie S1, che ospita un supersito antigenico che è preso di mira dalla maggior parte degli anticorpi neutralizzanti non diretti contro il dominio legante il recettore (RBD). Inoltre, tre mutazioni sono localizzate all’interno dell’RBD, che si lega al recettore cellulare ACE2 e costituisce il principale bersaglio degli anticorpi neutralizzanti”.
VARIANTE A.30 RESISTENTE AGLI ANTICORPI DEL VACCINO ANTI COVID: I DATI DELLO STUDIO PUBBLICATO SU NATURE
In poche parole, come sintetizzano gli autori dello studio, questa variante A.30 permette di eludere efficacemente la neutralizzazione da parte degli anticorpi della vaccinazione, una resistenza superiore a quella già riscontrata nelle varianti Beta (B.1.351) e Alpha (B.1.1.7). Gli stessi studiosi sostengono comunque che la vaccinazione eterologa, quindi con un mix di vaccini, che già in precedenza aveva dimostrato di poter migliorare la risposta anticorpale, potrebbe “offrire una solida protezione contro la variante A.30”.
In conclusione i ricercatori spiegano: “I nostri risultati suggeriscono che la variante A.30 di SARS-CoV-2 può eludere il controllo da parte degli anticorpi indotti dal vaccino e potrebbe mostrare una maggiore capacità di entrare nelle cellule in modo dipendente dalla catepsina, il che potrebbe aiutare in particolare nella diffusione extrapolmonare. Di conseguenza, la potenziale diffusione della variante A.30 garantisce un attento monitoraggio e una rapida introduzione di contromisure”.