CENTENARIO MILITE IGNOTO: LA CERIMONIA
Era il 28 ottobre 1921 quando una donna scelse la salma tra le 11 che rappresentavano i diversi fronti in cui l’Italia aveva combattuto la Prima Guerra Mondiale: è così che la storia del Milite Ignoto torna di stretta attualità oggi per la cerimonia ufficiale del Centenario (1921-2021) del viaggio di quel “soldato senza nome” da Aquileia fino all’Altare della Patria a Roma.
Erano circa le ore 8.00 del 29 ottobre 1921 quando poi il convoglio partì, dalla stazione ferroviaria di Aquileia: un treno a vapore che portò la salma del Milite Ignoto a Roma, con la sepoltura ricevuta nel Vittoriano il successivo 4 novembre, divenuta poi giorno della Festa delle Forze Armate. La salma venne scelta tra 11 dalla popolana Maria Bergamas – madre di un soldato disperso nel 1917 – nel corso di una cerimonia solenne avvenuta nella Basilica di Aquleia il 28 ottobre di 100 anni fa. Il figlio disperso dalla donna, Antonio, era un sottotenente del Regio Esercito, originario di Gradisca d’Isonzo, suddito dell’Impero austro-ungarico, che sotto mentite spoglie passò a combattere con gli italiani cadendo sul campo di battaglia). Il prossimo 3 novembre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si recherà ad Aquileia e poi al sacrario di Redipuglia per celebrare il Centenario del viaggio, con la conclusione delle cerimonie solenni che avverrà il 4 novembre presso l’Altare della Patria a Roma.
LA STORIA DEL MILITE IGNOTO
«Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria»: questa la motivazione della medaglia d’oro assegnata al Milite Ignoto, presente all’Altare della Patria, che “inquadra” la storia e la solennità di un simbolo del genere in quanto rappresentante l’intera Repubblica italiana. Dopo la fine della 1^ guerra mondiale, le Nazioni che vi avevano partecipato vollero in qualche modo onorare i sacrifici e gli eroismi delle collettività con la salma di un anonimo Combattente, caduto sul campo di battaglia: l’idea venne al Generale Giulio Douhet che nel 1920 propose al Governo italiano come poter celebrare il tutto. Approvata la legge, il Ministero della guerra diede incarico ad una commissione che esplorò tutti i luoghi nei quali si era combattuto: fu scelta una salma per ognuna delle seguenti aree di guerra: Rovereto, Dolomiti, Altipiani, Grappa, Montello, Basso Piave, Cadore, Gorizia, Basso Isonzo, San Michele, tratto da Castagnevizza al mare. La scelta della donna del popolo cadde su una salma “anonima” ma che potesse rappresentare per lei quel figlio che non ebbe mai potuto rendere commiato: dopo cerimonie solenni e con la presenza di reduci della Grande Guerra, il feretro venne apposto su un carro-vagone progettato dall’architetto Guido Cirili. Il viaggio del “Milite Ignoto” si compì sulla linea Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma, toccando 120 stazioni simbolo per poter far rendere omaggio al popolo italiano dell’eroe che tutti rappresentava. Come riporta l’Esercito italiano nel ricordare il Centenario in corso, «La cerimonia ebbe il suo epilogo nella capitale. Tutte le rappresentanze dei combattenti, delle vedove e delle madri dei caduti, con il Re in testa, e le bandiere di tutti i reggimenti mossero incontro al Milite Ignoto, che da un gruppo di decorati di medaglia d’oro fu portato a S. Maria degli Angeli. Il 4 novembre 1921 il Milite Ignoto veniva tumulato nel sacello posto sull’Altare della Patria». Le altre 10 salme rimaste ad Aquileia furono poi tumulate nel cimitero di guerra che circonda il tempio romano. Come ha spiegato lo storico della Sapienza Università di Roma, Luciano Zani, all’Avvenire «quello fu un giorno necessario. La prima guerra mondiale è stata una guerra di massa che ha prodotto una morte di massa e, di conseguenza, un lutto di massa in milioni di famiglie, le cui coscienze sono state marchiate da un dolore incommensurabile – sottolinea ancora l’esperto -. A questo dolore era necessario dare una risposta e uno sfogo, una ragione e un senso. Il lutto di massa ha generato il culto di massa dei soldati caduti, comune a tutti i paesi coinvolti nella guerra. La sacralizzazione della nazione ha accompagnato la guerra e provato a giustificare i sacrifici fatti per la patria. Quel giorno, e i giorni successivi fino al 4 novembre, sono stati un rito collettivo, preparato e pianificato con cura, ma anche spontaneo e partecipato da centinaia di migliaia di italiani, che resero onore alla bara contenente i resti del milite ignoto».