Ivermectina e Covid-19 è un binomio che negli ultimi mesi va avanti con insistenza, tra chi vede il farmaco come utile ed efficace nella battaglia contro il virus che sta paralizzando il mondo intero da quasi due anni e chi, invece, avverte circa la pericolosità del prodotto per la salute dell’uomo. Recenti ricerche hanno dato esiti contrastanti sulla bontà e risultati della lotta al virus con l’ivermectina, ecco allora che dal rapporto di Research Square si evidenzia quello che sembra essere accaduto nei precedenti studi.
Se in alcuni studi recenti i dati pubblicati suggerivano l’efficacia del farmaco per la sopravvivenza dei pazienti e il recupero clinico favorevole dopo l’infezione, con percentuali favorevoli su larga scala, altri report invece presentavano delle inesattezze che hanno portato tanti studiosi a considerarli inaffidabili e fraudolenti. È il caso di ricerche provenienti dall’Egitto e dal Libano, pubblicati questa estate, nei quali i dati di alcuni partecipanti allo studio erano stati duplicati o addirittura rimossi in caso di decesso.
Ivermectina, studi fraudolenti e inaffidabili
Nello specifico, si legge nella ricerca pubblicata su Research Square, in uno studio condotto in Egitto e pubblicato il 15 luglio 2021, diverse sono state le preoccupazioni etiche sui dati raccolti. È stato riferito che i dati per circa 79 partecipanti erano duplicati, alcuni decessi sono stati registrati in date precedenti all’inizio del processo e nel testo sono stati identificati casi di plagio. Allo stesso modo, è stato identificato anche uno studio condotto in Libano con dati duplicati per più partecipanti.
Su Research Square si legge dunque che i dati fin qui in mano alla comunità scientifica sull’uso dell’ivermectina contro il Covid-19 sono inaffidabili. Quello che si evince, dicono i ricercatori, è la necessità di avere valutazioni più rigorose degli studi clinici perché gli strumenti ad oggi disponibili non sono sufficienti.