Giovanni Tria
promuove la manovra del governo Draghi, ma stronca le due riforme cardine della legge di bilancio da lui firmata nel 2018. L’ex ministro dell’Economia ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de La Verità e dà un voto alto alla manovra, sottolineando che però conta di più «l’attuazione del Recovery e altri giochi che non dipendono dall’Italia», basti pensare all’ascesa dei prezzi delle materie prime, ai colli di bottiglia dell’offerta globale e alla minaccia dell’inflazione.
Questa è una manovra di transizione, ha spiegato Giovanni Tria, che avrebbe preferito più degli otto miliardi destinati al taglio delle tasse: «Potevamo puntare più in alto, se avessimo fatto l’eutanasia immediata ad alcuni provvedimenti di spesa, anziché accompagnarli a una morte lenta e dolorosa. Su certi punti il governo non ha avuto il coraggio di staccare la spina subito: rimane al capezzale di alcune misure del passato, come una sorta di accanimento terapeutico. Forse perché i parenti di questi provvedimenti sono ancora lì, in angoscia, intorno al letto di morte».
GIOVANNI TRIA SU QUOTA 100 E RDC
Nel corso della lunga intervista a La Verità, Giovanni Tria si è soffermato sul reddito di cittadinanza ed a parer suo «l’accanimento terapeutico è piuttosto forte», sottolineando che non è ancora chiaro lo scopo del sussidio bandiera del Movimento 5 Stelle: «E’ uno strumento per gestire la transizione digitale ed ecologica, oppure è solo un modo per sostenere i poveri? Le due cose si sono sempre confuse: il risultato è una norma scritta male che non ha funzionato». Altro tema molto discusso è Quota 100, per Giovanni Tria anche questo è uno strumento che verrà portato verso l’estinzione: «L’errore nel 2018 è stato quello di privilegiare quota 100 rispetto al taglio fiscale. Io padre di Quota 100? Ero lì in quei giorni. La manovra fiscale era pronta, simile a quella che si delinea oggi. Si preferì puntare su quota 100 e fu uno sbaglio: veniale sul piano economico, e grande sul piano politico».