Salvo Sottile, ospite di Maurizio Costanzo nella puntata di S’è fatta notte che ha visto anche la presenza di Stefano De Martino, si è raccontato a partire dal rapporto con i suoi figli: “Io sono un papà che cerca di essere presente nonostante lavori molto e però sono un papà che quando serve c’è. Ho due figli di 14 e 13 anni, sono un po’ disturbati dal fatto che io faccia la televisione, perché quando usciamo insieme magari loro vorrebbe che ci fosse un ombrello: sono gelosi del loro papà. Ovviamente non possono vedere I Fatti vostri perché sono a scuola, però lo registrano e poi mi fanno tutti gli appunti“. Maurizio Costanzo ha chiesto poi al proprio ospite di raccontare il suo rapporto con il suo di papà: “Mio papà faceva il mio mestiere, e io lo detestavo questo mestiere. Lui per lavorare faceva il cronista di un piccolo giornale di cronaca a Palermo e non c’era mai. Quando mi dicevano ‘tuo papà fa il giornalista’, io questo mestiere un po’ lo detestavo. Poi piano piano ho iniziato in Sicilia facendo il fotografo ai matrimoni, ho iniziato ad armeggiare con una telecamera finché ho capito che la televisione era qualcosa che mi piaceva perché mi piaceva raccontare delle storie. Poi un giorno andai al Maurizio Costanzo Show, seduto tra il pubblico vidi Maurizio Costanzo che mi indicava – erano i primi tempi che stavo al Tg5 – e dissi ‘mi piacerebbe un giorno, non diventare Maurizio Costanzo, ma lavorare in tv’“.
Salvo Sottile: “I mafiosi telefonarono a casa”
C’è stato poi un momento particolarmente delicato in trasmissione: è successo quando Maurizio Costanzo ha voluto ricordare come il padre di Salvo Sottile fosse un giornalista che si occupava di mafia, peraltro in Sicilia, con tutto ciò che questo può significare per la vita di una persona e della sua famiglia. Per questo il conduttore ha chiesto al suo ospite: “Hai avuto paura?“. La risposta di Salvo Sottile: “Tanta, perché non era un periodo facile e arrivavano a casa anche minacce al telefono. Mi ricordo una volta una telefonata che io presi per sbaglio, perché i bambini spesso alzano la cornetta, e sentii la voce di questo signore che diceva a mia madre: ‘Le consegneremo la lingua di suo marito su un piatto’. Quella cosa mi turbò perché avevo 6 anni, da lì capii cos’era la mafia. Ogni tanto ripenso a quel periodo, mi ritrovai molto giovane a raccontare le stragi di Capaci e via d’Amelio in diretta. Ancora a volte di notte mi sveglia quel suono delle sirene e degli allarmi che nessuno riusciva a fermare“.