Sì al vaccino ai bambini dai 5 ai 12 anni, ma bisogna procedere step by step: questo il giudizio di Carlo Perno. Intervenuto a Tagadà, il virologo ha spiegato: «Io da sempre sono convinto pro vax, non tanto per questo vaccino ma per tutti. Tutti noi siamo stati vaccinati a poche settimane di vita. La tradizione della vaccinazione dei bambini nasce da due elementi fondamentali: il primo è che i bambini vanno protetti, il secondo è che i bambini hanno normalmente reazioni minori».
Carlo Perno ha poi ribadito che c’è stato un aumento di contagiati tra i più piccoli: «Abbiamo tutti gli elementi per pensare che dobbiamo vaccinare anche i piccoli, non soltanto per ragioni sociali ma per loro stessi. Nel mio ospedale abbiamo un aumento dei casi, ma non perché la Delta colpisce di più i bambini, ma perché un torrente che blocchiamo in discesa con dei sassi trova delle strade laterali. Il virus ha trovato il suo spazio, circola libero perché non ci sono vaccinazioni e non ci sono mascherine. Per fortuna la patologia nei bambini non è grave come negli adulti, ma c’è e si muore».
Carlo Perno: “Miocardite? Nessun caso sotto i 12 anni”
Come dicevamo, Carlo Perno ha invocato un processo step by step: «Parliamo con dati alla mani e andiamo avanti passo dopo passo. Oggi abbiamo dati che dicono che la vaccinazioni 5-11 anni sono sicure ed efficace. Non ci sono effetti collaterali seri e abbiamo ragione di cominciare a fare questo lavoro: io comincerei dai più fragili e piano piano estenderei». L’esperto del Bambin Gesù si è poi soffermato sui casi di miocardite nei ragazzi: «La miocardite è stata presente in un numero di casi rarissimi tra i 12 ed i 32 anni ed è sempre stata non a rischio vita. Dei 3.100 bambini vaccinati dai 5 agli 11 anni nessun caso di patologia seria correlata al vaccino. Il vaccino verrà ancora osservato, ma al momento non abbiamo nessun rischio evidente». Una battuta di Carlo Perno anche sulla sfiducia registrata nei confronti della scienza: «C’è una sfiducia personale nei dati scientifici. Questo significa che abbiamo sbagliato a comunicare. E i social purtroppo non aiutano, mettono dubbi laddove si è perso il rapporto fiduciario con i medici».