Si riaccendono i riflettori sul caso Serena Mollicone dopo la lettera pubblicata su Facebook dalla figlia del brigadiere Santino Tuzi, il carabiniere morto suicida nel 2008 per cause e retroscena mai chiariti che, come sta cercando di accertare il processo in corso davanti alla Corte d’assise di Cassino, potrebbero essere strettamente connessi con il delitto di Arce. La primogenita del militare in servizio nella caserma dove Serena Mollicone sarebbe stata vista entrare (e non uscire) un paio di giorni prima che il suo corpo senza vita venisse ritrovato in un boschetto il 3 giugno 2001, si chiama Maria.
La giovane celebra con un messaggio che nasce dal cuore il 73esimo compleanno (mancato) del genitore: “Papà, oggi è il tuo compleanno e io volevo farti gli auguri…”. Le parole fanno da commento ad una foto che ritrae Santino Tuzi mano nella mano con la figlia, allora bambina, nel giorno della prima comunione: “Papà, non ti ho mai fatto gli auguri pubblicamente, ma in questo periodo ho sentito tante cose brutte su di te, qualcuno ha addirittura detto che non eri degno di indossare la divisa, cosa che mi ha fatto veramente stare male perché tu non potevi fare altro lavoro se non il carabiniere. Ma puoi stare sereno, perché poi ricevo messaggi da persone che ti hanno conosciuto e che hanno solo belle parole per te“.
DELITTO SERENA MOLLICONE, LA LETTERA DELLA FIGLIA DEL BRIGADIERE TUZI
La figlia del brigadiere Tuzi si riferisce chiaramente alle voci secondo cui Santino negli ultimi giorni di vita era “strano, turbato“, quasi avesse paura di finire arrestato, poiché a conoscenza di dettagli importanti del delitto, se non peggio. Il militare venne ritrovato senza vita nella sua auto l’11 aprile 2008, letale un colpo partito dalla sua pistola d’ordinanza, pochi giorni dopo aver detto che a metà mattinata del primo giugno 2001 in caserma era entrata una ragazza, verosimilmente Serena, e che fino a quando lui era rimasto in ufficio, all’ora di pranzo, non era uscita. Parole, quelle del brigadiere Tuzi, che indirizzarono le indagini sugli attuali imputati: l’ex maresciallo Franco Mottola, la moglie Annamaria, il figlio Marco, e poi il sottufficiale Vincenzo Quatrale e l’appuntato Francesco Suprano. Come riportato da Il Corriere della Sera, le accuse sono concorso in omicidio e favoreggiamento, mentre Quatrale deve rispondere anche di istigazione al suicidio del collega brigadiere. La storia è di quelle che fanno rabbrividire: non c’è solo la morte della 18enne Serena, trovata nel bosco con mani e piedi legati, la bocca sigillata dal nastro adesivo, ma anche l’amarezza per il papà Guglielmo, che a lungo ha lottato per avere giustizia, ottenendo un processo postumo (è venuto a mancare di recente). Senza considerare, appunto, il giallo della morte del brigadiere, che la moglie ritiene sia stato vittima di un omicidio mascherato per essere messo a tacere. A lui rivolge parole che non possono lasciare indifferenti la figlia Maria: “Tranquillo papà, ci vuole ancora un po’ di tempo ma la verità verrà a galla, ed io lotterò sempre perché il tuo nome non venga più infangato da bugie. Mi manchi tantissimo“.