Taranto è una città ferita. La sua storia è legata da sempre all’Ilva e la sua gente ha dovuto scegliere dolorosamente tra la salute e il bisogno di lavorare. Alla fine, per tantissimi non è stato garantito né un diritto, né l’altro. Al bisogno sempre più pressante, che coinvolge singoli e famiglie, si è risposto con quel male tutto italiano che è l’assistenzialismo. Ma non è bastato, perché ormai i numeri diventano impressionanti. Le 170 strutture caritative legate a Banco Alimentare della Puglia seguono 54mila persone in difficoltà, 15mila solo nella città di Taranto. C’è bisogno di lavoro, di sicurezza, c’è bisogno di cibo e c’è bisogno di amicizie che spezzino le solitudini che affliggono le persone.
La famiglia di Grazia è una delle tantissime precipitate nel vortice del bisogno. Sono in quattro, ma da un anno si è aggiunto il genero di una delle tre figlie, sposato con un figlio. Le coppia non può permettersi di uscire di casa e pagarsi un affitto e così, di fatto, in quella casa ci sono due famiglie che vivono in uno spazio piccolo, ma con una grande dignità. Persone che prima del Covid riuscivano ad arrangiarsi. Dopo la pandemia, la situazione è precipitata e il pacco alimentare che viene fornito da una parrocchia di Taranto, legata al Banco Alimentare, è diventato essenziale per poter andare avanti. A casa di Grazia sono così in sei; riescono ad andare avanti grazie al reddito di cittadinanza, lavoretti saltuari e l’aiuto del Banco Alimentare. La quotidianità è fatta solo di rinunce. “Anche un gelato artigianale non ce lo possiamo permettere. La vaschetta del discount costa molto meno e mangiamo tutti”.
Ogni giorno fanno i conti con i soldi che non ci sono. “Stringiamo i denti e andiamo avanti”. Due figli minori e una figlia a sua volta mamma di una bimba di pochi mesi. Si vive tutti insieme in quella casa di Taranto “che per fortuna abbiamo”. Il marito di Grazia è disoccupato, quando lo chiamano va a pescare. “Un giorno qualcosa entra, la maggior parte degli altri, nulla. Poi con quello che riesce a prendere ci facciamo anche il pranzo e magari lo diamo anche a mia suocera per sdebitarci”. La solidarietà arriva anche dal resto della famiglia. Come lo zio, “che chiama il nipote quando deve fare piccoli lavori, fare un trasloco o dipingere una casa”. O la figlia, che ora ha trovato un impiego come parrucchiera e aiuta fratelli e genitori. In tutto si arriva a poco più di mille euro al mese. “La cosa importante – dice Grazia – è che riusciamo a pagare le bollette, il condominio. Poi pazienza per il resto”.
Grazia non molla mai, cammina sempre a testa alta. Ha superato i quarant’anni e ha sempre lavorato. “Una piega ai pantaloni del vicino, il passaparola nel condominio”. Ma non c’è solo questo. “Ci sono i parenti che passano l’abbigliamento che non usano più, il pacco di viveri che prendiamo ogni mese grazie ai volontari che ci sono vicini. So che non c’è niente di male, ma ai miei ragazzi cerco sempre di far vedere i sorrisi e non i problemi”. E poi il Covid ha peggiorato le cose. “Prima qualcosa entrava, facevo la badante, qualche pulizia nelle case. Poi tutto si è fermato”. Ci sono parole nel racconto di Grazia che colpiscono ed emozionano: solidarietà, dignità, sorriso. Già, perché in una città ferita come Taranto si può sopravvivere solo se si ha la grande capacità di guardare avanti, di non mollare. E, forse, cosa più importante, se si trova qualcuno, lungo questa difficile strada, che non ti chiede nulla, ma ti abbraccia condividendo il tuo bisogno.