Tra attese e paure, tra il pre e il post (pandemia), il turista di montagna/neve ha iniziato il countdown: siamo a -11 dallo snow-day, il giorno in cui (in quasi tutte le destinazioni fissato sul 26 novembre) gli impianti di risalita ricominceranno a lavorare.
In questo “mentre”, gli operatori aspettano ancora lo sdoganamento dei protocolli da parte del Governo (varrà forse il silenzio assenso su quelli già predisposti da tutti gli attori in causa, associazioni di categoria, amministrazioni pubbliche e via dicendo?), e l’erogazione dei fondi dedicati, più volte promessi ma ancora non pervenuti. Incertezze peggiorate dalla recrudescenza dei contagi, che minacciano di ricolorare intere regioni. Tanto da spingere verso più drastiche prevenzioni.
“Bisogna aprire gli impianti sciistici solo ai vaccinati, seguendo il modello dell’Austria”, ha detto all’agenzia Agi Valeria Ghezzi, presidente Anef, l’associazione nazionale esercenti funiviari. Sì al green pass, insomma, “ma non solo con il tampone, e vaccino anche per i bambini, per difendere la stagione invernale. E credo che il green pass dovrebbe informare anche se una persona è vaccinata e la relativa data di scadenza. Oggi però questi dati non compaiono sulla prima schermata dell’applicazione”. In tanti però sembrano credere poco nell’accoglienza del monito di Ghezzi, visto che nel bellunese, ad esempio, si stanno già predisponendo centri-tamponi finalizzati proprio all’erogazione dei green pass per gli sciatori.
Resta anche aperta la questione sui controlli: a chi competono? E quando, e dove? “La norma attuale è impossibile da mettere in pratica nel settore degli impianti di risalita – continua Ghezzi -: le piste da sci non sono un cinema o uno stadio, dove ci sono ingressi-varchi di controllo. Le piste sono aperte, libere, quindi chi e come controllerà i pass? Con il freddo i cellulari si scaricano, il pezzo di carta con la neve si sgualcisce. Ma poi, in quale luogo vengono controllati i pass? Ai parcheggi? Alle casse? Alla partenza dell’impianto? Il rischio di lunghe code e di assembramenti sarebbe molto alto. Il Governo deve dirci come bisognerà procedere con i controlli: posso solo dire che un’altra stagione cancellata ammazzerebbe definitivamente l’economia della montagna. I vaccinati non possono pagare per la minoranza non vaccinata. Non mi risultano ancora chiusure di impianti di risalita, ma il rischio c’è”.
Pur sempre in questo mentre, intanto, al contrario della scorsa stagione, quella del tutto fermo e chiuso, alcuni impianti risultano già aperti, come a Cervinia, o in Val Senales o sul Col Gallina, con cannoni in azione e piste pronte, temperature permettendo. E alcuni comprensori si sono già attrezzati per i controlli dei certificati verdi, come Campiglio, dove sono già pronti dieci addetti dedicati esclusivamente alla verifica dei green pass alla partenza delle cabine.
C’è però qualche problema in più con cui fare i conti: i costi dell’energia, ad esempio, sono praticamente triplicati, costi che incidono sia sul funzionamento degli impianti sia sull’innevamento programmato. E anche per la montagna/neve esiste la rarefazione del personale: sono moltissimi i lavoratori (generici e specializzati) che, dopo la scorsa stagione mai iniziata, hanno cambiato settore. Un capitale umano, spesso formato, che adesso è difficile rimpiazzare. Dal prossimo primo gennaio, poi, sarà obbligatoria per chi scia l’assicurazione obbligatoria, circa tre euro/giorno che dovrebbero venire conglobati nel costo dello ski pass.
Nonostante tutti i punti di domanda, le incertezze, i dubbi che ancora non sono stati chiariti, la voglia di neve e sci resta intatta, anzi, cresce ancora di più, e il countdown prosegue: -11. Manca poco…
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