Un faccia a faccia, quello tra il presidente americano Joe Biden e quello cinese Xi Jinping, che se fosse stato valutato ai punti, probabilmente si sarebbe chiuso con un pari. Molte buone maniere e tanta cortesia, un invito generale a una competizione leale che non si trasformi in conflitto, ma poi ciascuno per la sua strada, soprattutto Pechino, che su questioni come Taiwan invita il presidente americano “a non giocare con il fuoco”, mentre sui diritti umani chiede agli Usa di farsi gli affari propri.
“La solita solfa” ci ha detto in questa intervista il generale Carlo Jean, esperto di strategia, docente e opinionista, “Pechino su certi aspetti come Taiwan non cederà mai, ma è evidente che le due superpotenze devono avviare almeno a livello economico un dialogo convinto, perché è interesse di entrambi i paesi”.
Come mai un colloquio di questa portata proprio adesso? Si era arrivati a un livello di tensione troppo alta?
Biden pensava di incontrare Xi Jinping al G-20 di Roma, per avviare di persona un dialogo molto atteso, ma il leader cinese non si è presentato, il che ha obbligato il presidente americano a convincerlo a questo faccia a faccia a distanza. Sicuramente la tensione tra i due paesi è arrivata a un livello di guardia, specie per la questione di Taiwan, ma anche quella dell’area cinese meridionale. In sostanza si sono detti di cercare di non esagerare, e che ciascuno persegua la propria politica.
Hanno infatti parlato di mettere dei paletti di buon senso. Ci sono però dei punti rimasti scoperti, ad esempio sull’espansionismo cinese, ormai di statura globale. Secondo lei, Biden si è convinto ad accettarlo pur di arrivare a un compromesso sulla concorrenza economica?
Non è che lo accetta, lo contrasta in modo che non diventi davvero globale. In particolare, mette in atto un controllo economico per evitare che ci siano dei punti di avanzamento da parte cinese, adottando ad esempio sistemi di controllo per quanto riguarda le tecnologie.
Quale delle due superpotenze aveva più bisogno di questo incontro? Forse la Cina che si trova in un profondo isolamento internazionale da quando è scoppiata la pandemia di Covid?
Isolata in determinati limiti. La diplomazia sanitaria ha fatto sì che Pechino rafforzasse i rapporti con diversi paesi che hanno utilizzato il vaccino cinese.
Paesi satelliti o addirittura sottoposti a dittature alleate come il Myanmar? Lo ritiene un grande risultato?
Anche diversi paesi dell’America Latina utilizzano vaccini cinesi.
Torniamo ai rapporti Usa-Cina. Sul versante economico?
I rapporti tra Usa e Cina sono sia di competizione che di cooperazione economica. Nell’economia globalizzata la Cina ha un ruolo che interessa parecchie industrie americane.
La corsa agli armamenti non convenzionali, attualmente in atto nei due paesi, è un altro argomento non toccato. Come mai?
La Cina sa che gli Usa la sopravanzano, militarmente potrebbero schiacciarla anche grazie ai tanti alleati come Australia, Giappone, Europa e Regno Unito. Questo dà fastidio a Pechino, che cerca di raggiungere la parità strategica.
Con la caduta dell’Afghanistan e il prossimo ritiro americano dall’Iraq quell’area si spalanca su un futuro incerto. Che ruolo reciteranno Usa e Cina?
La Cina continuerà a investire come ha fatto sempre, investimenti che fino ad oggi erano protetti dai soldati americani. Adesso che se ne sono andati dovranno proteggerli in qualche altro modo, che non sanno ancora quale sarà, anche perché gli interessi russi e cinesi sono piuttosto divergenti per quanto riguarda l’Afghanistan.
Uno scenario aperto, dunque?
Sì, il ritiro deciso da Biden è stato anche motivato dal fatto che sapeva benissimo di lasciare a Russia e Cina una polpetta avvelenata.
A questo faccia a faccia che punteggio possiamo dare?
Dal punto di vista strategico, conferma che la competizione è il tatto caratteristico delle grandi superpotenze.
E alla Russia che ruolo rimane?
La Russia ha bisogno della Cina, essendo sotto pressione da parte europea e americana per via delle sanzioni provocate dall’attacco all’Ucraina: Mosca non può che appoggiarsi alla Cina per investimenti e mercato.
(Paolo Vites)
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