Michela Vittoria Brambilla ha presentato una proposta di legge durante conferenza stampa alla Camera, per chiudere definitivamente tutti gli allevamenti di visoni sul suolo italiano. Al momento, come ricorda il Corriere della Sera, questi tipi di allevamenti sono sospesi per via del covid (il visone, infatti, sembra diffonda il virus), ma l’idea della presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali è quello appunto di abbassare definitivamente le serrande su questi centri. «Chiudiamo entro sei mesi – sono le parole della stessa Brambilla – gli allevamenti di animali da pelliccia e puntiamo alla loro riconversione. Seguiamo l’esempio dei Paesi europei che hanno già messo al bando gli allevamenti come il Regno Unito e Paesi Bassi o stanno formalizzando la decisione come in Francia e Irlanda».
L’ordinanza di sospensione era stata firmata dal ministro della salute Roberto Speranza lo scorso 23 novembre 2020 e prorogata fino al 31 dicembre di quest’anno, di conseguenza, è ormai prossima a scadere: «In prossimità della scadenza del provvedimento – dice a riguardo la Brambilla – ci sono tutte le ragioni per rendere definitiva la chiusura. Non solo per il rischio sanitario dovuto al perdurare della pandemia, ma anche per gli aspetti etici e per l’impatto ambientale di questo settore». Quindi l’ex ministra ha aggiunto: «Sono tre legislature che, con diverse proposte di legge, mi batto per chiudere gli allevamenti di animali da pelliccia in Italia. La pandemia e l’approvazione del Pnrr hanno modificato profondamente la situazione. Ora sembra arrivato davvero il momento giusto e con l’Intergruppo parlamentare lavoriamo a questo emendamento che propone di chiudere, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, allevamenti di animali per il solo scopo di ricavarne pelli e pellicce. Ovviamente il divieto di riproduzione scatterà subito».
MICHELA BRAMBILLA, PROPOSTA DI LEGGE PER CHIUDERE ALLEVAMENTI VISIONI: GLI “INCENTIVI” PER LE AZIENDE
Per le aziende coinvolte, in caso di chiusura, viene previsto un indennizzo per ogni animale presente nell’allevamento, oltre ad un contributo a fondo perduto del 30 per cento dell’ultimo fatturato, ed un altro contributo fino ad un massimo di 10mila euro per riconvertire gli impianti esistenti.
«In totale ipotizziamo un costo di poco inferiore al milione, circa 950 mila euro. Una somma del tutto affrontabile per questa grande battaglia di civiltà». Michela Brambilla ha quindi concluso: «A questo punto chi volesse opporsi alla chiusura dovrà spiegare all’opinione pubblica perché tenere aperti allevamenti già vietati da molti partner europei il cui contributo all’economia nazionale è ridotto».